Abbi Cura Di Te
Luisanda Dell’Aria
Roma 17 gennaio 2023
https://luisanda-dellaria.weebly.com/
Perché facciamo le fotografie, gli scatti? Io desidero ricordare, fermare momenti che potrei dimenticare, farli diventare concretezza, ricordi, portarmi dietro i sentimenti che sto vivendo. Magari potessimo racchiudere in uno scatto i sentimenti ma in un certo senso è quello che succede. Uno sguardo particolare, una luce leggera, un sorriso, un abbraccio, la famiglia, gli amici per sempre in uno scatto, nell’attimo che non fugge più. Guardare le fotografie diventa così rievocare, rivivere, sorridere e a volte il sorriso può diventare pianto, malinconia e i sentimenti tornano vividi, tornano a quell’attimo; dietro uno scatto c’è una storia, un vissuto, un progetto. O può esserci il disegno di un futuro che non è stato, che ha cambiato strada diventando altro. In quei rettangolini ci siamo noi, come eravamo, come siamo diventati nel trascorrere del tempo e lo stupore a volte colora i nostri occhi nel ritrovarci tanto cambiati. Ma sempre noi, abitati da noi stessi, con i nostri sogni e i nostri desideri, le nostre delusioni e forse qualche rimpianto. Nel giorno per giorno la consapevolezza del tempo si assottiglia, andiamo avanti lasciando indietro una noi che i giorni trascorsi, i mesi, gli anni, hanno cambiata e non siamo capaci di cogliere il dettaglio nell’immediato. Lo vediamo lì nella foto, in quell’attimo catturato che riporta indietro. Un viaggio, questo sono le fotografie, un viaggio nel tempo, nel nostro personale tempo. Un’autobiografia per immagini e si passano le ore a guardarle perché la nostra storia, vista con gli occhi di oggi, dà vita a tanti ragionamenti, commenti, pensieri. Quello che avremmo potuto fare, che abbiamo fatto, quello che non avremmo dovuto fare, quello che è stato e piace ancora oggi, tanto, e fa sorridere. Racchiudono la nostra vita, le nostre emozioni, parlano di noi e anche se siamo soli a fare il viaggio quei rettangolini sono pieni di mille parole che invadono la stanza di aneddoti, di situazioni… una vera cronaca dei fatti tuoi che riempiono e allo stesso tempo svuotano il cuore. I ricordi hanno questo potere: fanno ridere e piangere. Le emozioni vanno e vengono e stai lì, continui a guardare quelle foto e non ti stanchi mai di cercarle.
Abbi Cura Di Te Luisanda Dell’Aria Roma 17 gennaio 2023 Mi chiedo spesso se sono cambiata e come in questi sei anni di cancro. Eh sì, proprio di cancro, non conosco follow up, sono sempre in chemio per tenerlo a bada, per convincerlo a dormire e non farmi smettere di parlare. E per ora riusciamo e relegarlo a un problema che possiamo affrontare, la mia ineguagliabile Dottoressa Lorusso, i miei medici meravigliosi ed io. Ma la domanda mi raggiunge sempre. Come mi ha cambiato? Vado a cercare nel mio passato, chiedo a mia figlia, agli amici, chiedo alla mia penna. La trama è unica, fusa in un dire emozionale che mi consola: sei tu! Ma la penna è andata oltre, involontariamente, con una sincerità insperata. Ho riletto i miei romanzi, racconti, scritti privati, prima del 2016, scoprendo la me stessa di oggi, i miei pensieri, i miei ragionamenti, le mie emozioni. Quando ho ricominciato a scrivere, venti anni fa, e dopo un black out di vent’anni, è stato per bisogno. Se non lo avessi fatto la mia penna sarebbe esplosa nella solitudine dell’incomprensione. Un bisogno interiore forte di portare fuori, di far emergere l’emozione, la voglia di veleggiare sentimenti rendendoli palpabili, toccabili.
Durante quarant’anni di Pubblica Amministrazione la penna è sempre stata la mia compagna più vera. Ho scritto tanto per dipanare matasse, per parlare con i cittadini, per spiegare, per far comprendere cosa c’è e soprattutto chi c’è dietro un grosso apparato troppo spesso vilipeso: persone. Lo Stato siamo noi, noi cittadini e non sempre siamo disposti a capirlo. Non siamo disposti a viverla la cittadinanza attiva, partecipativa. I problemi sono tanti ma tutti insieme possiamo rendere pulsante il nostro Stato. Il discorso sarebbe lungo lo so, ma credere nello Stato e dedicargli quarant’anni di attività è stata la mia bella esperienza che mi fa anche essere quella che sono. Quando vent’anni fa ho dato spazio alla mia penna di scrivere quel che davvero desideravo mi sono sentita finalmente libera. Potevo navigare come volevo nella mia vita, nei miei pensieri, nella mia fantasia. Non ho più smesso. Libera dai dubbi. Libera dalle incertezze. Libera dalle paure. Quali? Di sprecare tempo in un sogno senza fondamenta. Il tempo dedicato a sé stessi (e la scrittura lo è) non è mai sprecato e i sogni non sono mai senza fondamenta. Di non essere capace a scrivere storie che portassero con sé emozioni, nelle quali ci si potesse identificare. Di superare l’incertezza che traspariva da chi sapeva la strada che avevo intrapreso; non tutti fortunatamente, ma qualcuno mi ha messo a dura prova. Credere, credere profondamente in me stessa, nel mio desiderio, nel mio sogno mi teneva stretta per mano e non mi ha mai lasciato. E così quando è stata pronta la bozza di Emozioni Parallele ero pronta a metterci la faccia (è il passo più difficile) e farlo leggere alle persone più vicine a me e delle quali avevo profonda stima. Non nascondo che l’attesa dei loro commenti mi ha provocato una grande agitazione. Uscivo dalla mia zona sicura e andavo all’aperto. Può succedere tutto lì fuori all’aperto. Mia figlia, mia mamma sono state il mio pascolo più rigoglioso. Mettersi in gioco non è facile ma è bellissimo, è elettrizzante. E così dopo i primi commenti positivi lancio il mio romanzo sullo Store Amazon. In un secondo momento una Casa Editrice decide di pubblicarlo. E proprio nel 2016, mentre tutte le finestre e le porte di casa mia sbattevano forte per lo sconquasso portato dall’arrivo del cancro all’ovaio nella mia vita, dedicavo dieci mesi in giro per le presentazioni di Emozioni Parallele, da qualche giorno di nuovo sullo Store Amazon. Ma la penna reclamava a gran voce la mia attenzione. Il più potente degli strumenti che può capitare tra le mani mi voleva e subito. Dovevo parlare alle donne, raccontare, scrivere portare, informazioni sul Cancro all’Ovaio del quale si parla poco e sui suoi sintomi dei quali non si parla mai. Avevo scoperto questa realtà a mie personali spese e non potevo restare zitta. Non potevo non far sapere. Non volevo che altre donne precipitassero su un crinale tanto difficile all’ultimo minuto, inconsapevoli. Gli stessi dubbi, incertezze paure, che mi avevano abitato con Emozioni Parallele, riapparivano come sempre erano apparsi con i racconti, i frammenti e ogni mio scritto. Non mi sono mai lasciata fermare. Il mio desiderio di scrivere, dire, raccontare, prendere la penna in mano e lasciarla andare ha sempre vinto. Io scrivo. Nasce così Abbi Cura Di te. Una lunga lettera a Donna, in nome di tutte le donne, per informarle, renderle consapevoli, dire loro a cosa stare attente. Parlare di cancro non è facile, non vogliamo ascoltare, abbiamo paura. Eppure è successa una cosa inaspettata: Abbi Cura Di Te ha preso il volo. In tantissime donne mi avete scritto e ancora mi scrivete in tante, con molte di voi sono in contatto, giro per l’Italia invitata a parlare di cancro all’ovaio, più di diecimila copie sono state scaricate. Il cancro ha perso, noi abbiamo vinto. Comunque vada, noi abbiamo vinto. L’informazione è la prima forma di prevenzione che può salvare la vita. E ho iniziato a essere tanto presente sui social con i miei post articoli, sì un po' lunghi e un po' fuori dalle regole e indicazioni sulla necessità della brevità. Le oltrepasso le regole e le indicazioni. La penna vola, io scrivo. Sono libera. La penna mi regala tanto. Voi che mi leggete mi regalate tanto. E sapere che può portare, a volte, una carezza, conforto o lo spazio per ritrovarsi permea la mia anima ribelle. E in questo sì, davvero non sono cambiata, continuo a inseguire i miei desideri, i miei sogni; come va va… io li inseguo! Abbi Cura Di te Luisanda Dell’Aria Roma 9 gennaio 2023 #Abbicuradite #losapevidonna #scrivere #scriveresempre #scriverechepassione #leggere #leggeresempre #amarsi #ritrovarsi #scrittura #scrittura consapevole #consapevolezza #benessere #salute #actoonlus #actopiemonte #ilranchdelledonne #zittocancro #viviamo Abbi Cura Di Te gratis al link luisanda-dellaria.weebly.com e Store Amazon Emozioni Parallele Store Amazon È tempo di auguri di Buon Natale, di feste e di… mettere in una parentesi i pensieri scomodi. Provo sempre a far scivolare i miei ragionamenti spigolosi in qualche anfratto nascosto. Mi affido alla mia penna, lei è la mia mongolfiera. Mi porta in alto, mi offre tanti punti di vista diversi. Parla, dice, sistema, organizza, chiarisce e rasserena, basta lasciarla andare. Consola e spiega.
Scrivo in tanti gruppi sui social, dove sono stata invitata perché scrittrice e per quello che scrivo. Alcuni non c’entrano niente con il cancro. Non in tutti sono molto letta ma anche quando a leggermi è una sola persona sono felice. Quell’unica persona è la ricchezza aggiunta, la sensibilità che affiora. Le strade si percorrono un passo alla volta stando attenti a non essere troppo disinvolti. Con garbo e attenzione. Quando catturo gli occhi di chi mi legge, su una riflessione, un pensiero, sull’informazione necessaria e obbligatoria sul cancro all’ovaio, del quale si parla pochissimo e mai dei suoi sintomi, mi sento bene. Mi seguite in tantissimi e continuamente si aggiungono persone nuove, i vostri commenti mi abbracciano forte e vorrei ringraziarvi tutti. E augurare a ognuno il suo Buon Natale. Sapere che le mie parole vanno in giro e sono utili regala un senso pieno alla mia penna. Scrivo su tanti argomenti, ospiti a volte indesiderati delle nostre giornate, emozioni che non vorremmo provare. Notizie che riempiono i telegiornali penetrando e frammentando la nostra quotidianità. Poi spegniamo la televisione e loro spesso si sopiscono così tanto da sparire lasciando in prima fila il tran tran. Non riesco io, continuano a starmi addosso e la penna scalpita per sfogarsi. Per mettere nero su bianco lo strascico lasciato dalla notizia. Mi sforzo di provare a pensare oltre il mio adesso, il mio oggi. Non dobbiamo fermarci se non siamo ascoltati da tanti, non dobbiamo fermarci se non abbiamo il plauso per quel che facciamo o diciamo, non dobbiamo fermarci se non abbiamo l’attimo di gloria. Dobbiamo invece credere in quello che facciamo, desideriamo, sogniamo e soprattutto in chi siamo e vogliamo essere. Sono profondamente convinta che Abbi Cura Di Te debba arrivare a tutte le donne. Posso e devo dire loro: fate attenzione, ci sono anche le ovaie a cui stare attente! Se avessi avuto un’amica rompi palle come me a passarmi con forza un’informazione non avrei più smesso di ringraziarla. Era l’informazione che mi mancava, quella della quale avevo bisogno. Ora so e non posso tacere. È un obbligo morale nei confronti di tutte le donne. Chi sa deve parlare, deve raccontare, deve passare la conoscenza. Nessuno può dirci cosa possiamo essere. Noi siamo quello che vogliamo e desideriamo. Io sono, tu sei… Buon natale a tutti voi con il mio cuore. Abbi Cura Di Te Luisanda Dell’Aria Roma 22 dicembre 2022 Indossiamo mille maschera durante la nostra vita, una per ogni circostanza che dobbiamo affrontare, e poi c’è un momento invece in cui la maschera cade, ci abbandona e restiamo nudi con le nostre paure, le nostre domande che non trovano risposte: il cancro ci è venuto a fare visita, il nostro mondo trema! E quelle che prima erano le nostre certezze vacillano e il timore è che rovinino chissà dove.
Scopriamo così che ci sono luoghi, negli ospedali, dove la vita è liquida e non sai mai quando scompare nelle fessure del tempo. Finché è lì, le persone che ho incontrato in questi anni, le donne e gli uomini del Gemelli, la stringono, la respirano, la tengono per mano e io mi sento così, tenuta per mano, con lo stesso affetto, con la stessa delicatezza, con la stessa voglia di esserci accanto a me su questa strada difficile come il primo giorno. E sono passati sei anni. Le loro professionalità, le loro capacità a guardare oltre le difficoltà, le incertezze, è ineguagliabile. Non è facile per me e non è facile per loro che ogni giorno sono chiamati a salire in cima al bilico del mondo per trovare le parole, la forza di fare ancora una carezza, trovare una nuova chemio, ipotizzare una nuova cura oppure… Ma vanno avanti e non smettono mai di sperare. Di sperare insieme a me, insieme a noi che camminiamo piene di vita quest’avventura. E siamo tante purtroppo, ognuna con il suo cancro e il suo carico di puntini di sospensione. Ma loro sono sempre lì pronti ad abbracciarci. Siete forti donne e uomini del Gemelli, siete bravi, siete veri, siete tremendamente umani e vi dico grazie con tutto il cuore. Buon Natale, buon Natale a ognuno di voi, ai vostri figli, alle vostre famiglie che sopportano il peso della vostra difficile professione. Buon Natale a voi che camminate sulle nostre strade senza mollare mai, sempre pronti con le mani tese e le braccia aperte. Buon Natale! Luisanda Dell’Aria Roma 20 dicembre 2022 Tutta questa timidezza che avvolge il cancro all’ovaio e i suoi sintomi mi inizia a disturbare parecchio. Uno studio americano ha iniziato a parlare nel 2007 di sintomi e di quanto fosse importante far sapere. Noi, in Italia, siamo ancora titubanti nel far uscire fuori un’informazione così necessaria per le donne. Si parla del cancro all’ovaio in termini astratti ma temibili: è il peggiore, è un killer, non c’è uno screening…
È vero non c’è uno screening ufficiale per la prevenzione, lo stanno studiando. È vero, i sintomi, i campanelli di allarme, spesso compaiono quando la malattia è avanzata, ma altrettanto spesso si affacciano molto presto e posso determinare una speranza di vita più lunga e una qualità della vita migliore! È vero, i sintomi rispondono a patologie comuni e potrebbero destare uno stato di allarme ingiustificato. Ma la loro comparsa in rapida successione, il loro inspessirsi, consolidarsi in un malessere generale sempre presente, il loro permanere nonostante le cure per quelle patologie comuni con le quali sono confusi, può essere la manifestazione di qualcosa di importante che sta succedendo nel nostro fisico. Va insegnato. E va insegnato bene. lo stanno iniziando a fare il Prof. Giovanni Scambia e la Professoressa Domenica Lorusso del Policlinico Gemelli di Roma nei loro interventi pubblici. Li ringrazio con tutto il cuore! L’informazione, tuttavia, è quasi esclusiva delle Associazioni che si occupano di cancro all’ovaio, una per tutte l’ACTO Onlus, ma pure la LOTO Onlus, Mai più sole e altre. Anche loro, tuttavia, le Associazioni, sembra, facciano fatica a dire, parlare, raccontare, spiegare, informare, rendere consapevoli le donne che esistono dei campanelli di allarme ai quali prestare la massima attenzione. Oggi, forse, è la mia rabbia che parla, ma resto delusa e incredula di fronte a un silenzio ingiustificato che non si vuole abbandonare. Nell’attesa di uno screening ufficiale, tutto quello che sappiamo lo dobbiamo dire. Dobbiamo insegnare alle donne a stare attente. È un obbligo, per chi sa, informare, è un diritto per noi donne essere informate. La maggior parte delle donne che incappano in questo brutto cancro lamentano di essere state curate per lunghi periodi per altri disturbi, sempre gli stessi, sempre quelli. È chiamato il cancro Killer, moriamo e moriamo in tante. Fortunatamente siamo poche ad ammalarci ma questo determina il parlarne poco e la scarsità delle risorse economiche da destinare a una ricerca mirata. Molto si è fatto in questi ultimi anni e nuove medicine sono uscite che ci stanno aiutando. Si deve fare molto di più. 5200 donne l’anno si ammalano di cancro all’ovaio. È considerato ancora un cancro raro. Non possiamo impedire che il cancro ci raggiunga ma possiamo arrivare in tempo: con l’informazione, la consapevolezza. Bisogna parlarne senza timidezza, senza paura di spaventare. Lo spavento, la preoccupazione può salvare la vita a tante donne. Sono una scrittrice e scrivo, scrivo continuamente, cercando di fare informazione, cercando di tendere una mano d’aiuto a tutte le donne coinvolte in questa avventura. Giro l’Italia, ovunque mi invitano, per parlare alle donne di Abbi Cura Di Te, il mio libro (Gratis al link luisanda-dellaria.weebly.com). Non racconto la malattia che combatto da sei anni. Racconto che esiste il cancro all’ovaio e a cosa dobbiamo stare attente. Ci sono dei campanelli di allarme, dei sintomi che dobbiamo imparare a conoscere e riconoscere. Dobbiamo sapere cosa fare se compaiono. Non si può avere paura dell’informazione. Se avessi saputo…! Un anno mi sono trascinata in quei sintomi. Un anno intero. Se avessi saputo non mi troverei nella situazione di bilico costante nella quale mi trovo. Si, oggi sono molto arrabbiata, e mi scuserete ma ho difficoltà a continuare a sopportare un silenzio che nella mia testa, nella mia realtà fa tanto rumore. Lavoriamo tutte insieme per uscire dalla timidezza dell’informazione. Facciamo sapere a tutte le donne che esiste il cancro all’ovaio e a cosa dobbiamo imparare a stare attente. Informiamoci, chiediamo, pretendiamo di sapere. È un nostro diritto e un dovere per chi sa informare. Abbi Cura Di Te Luisanda Dell’Aria Roma 14 dicembre 2022 Mi trovo nel mezzo, qualche volta, non spesso, ma qualche volta sì. Quel mezzo che vorrebbe farmi rispondere le parole che graffiano il cuore. E poi decido invece di mettere dietro le spalle le stanchezze inutili che non danno sollievo, se gli do retta. Allora tutto torna ad andare bene, tutto torna ad essere avvolgente e consolante e gli effetti collaterali, che ci sono anche se faccio finta di niente, li ripongo nel cassetto. Non mi faccio disturbare più di tanto. Provo a indossare un bel decolté ma stamattina proprio non funziona, ho bisogno di scarpe più comode che facciano finta, insieme a me, che vada tutto bene. Il mal tempo mi aiuta a non essere proprio fuori linea. E poi penso: ma se anche fossi fuori linea? La linea di chi? Sto comoda: questa è la linea giusta. E vado avanti tra un inciampo e l’altro, semplicemente scavalcando gli ostacoli. I pensieri arrivano, è inevitabile, li discuto, li affronto, li scompongo come si fa con uno spartito per il pianoforte e così diventano tanti piccoli “movimenti”, ognuno più facile.
E poi mi chiedono: quando finisci la chemio? Domanda facile e difficile. Mai! E speriamo mai! Noi del Campo Largo, siamo così, sempre in chemio. Non abbiamo il tunnel, abbiamo dovuto inventare la nostra realtà, dipingerla di bello, viverla con destrezza, respirarla con tutto il fiato che abbiamo in corpo. Non averne paura. Noi del Campo Largo siamo così. Ma chi siamo? Siamo le metastatiche. Io del cancro all’ovaio, quello del quale non si parla quasi mai e non si dicono mai i sintomi ai quali dobbiamo stare attente. Quello chiuso nella bolla del silenzio. Avvolto nella timidezza di dire, insegnare, far conoscere a tutte le donne a cosa stare attente. Siamo quelle che hanno bisogno sempre di una nuova chemio: più forte, più potente, più mirata; ogni volta che quella che stiamo facendo non funziona più. Siamo quelle che nell’oggi vivono il presente e tutto il futuro: perché sognare è gratis e vivere è bellissimo. Campo Largo. Questo luogo immaginario mi è venuto in mente un giorno per caso, proprio pensando al tunnel che non ho, che non ho mai avuto, e in tante non abbiamo. E non solo del cancro all’ovaio anche del cancro al seno. E se non ho il tunnel non ho nemmeno la luce. E allora che fare? La penna parte e gioca di fantasia. Avevo bisogno di un luogo dove sentirmi, vedermi, immaginarmi vivere la mia vita. Nonostante… E lei, la penna, ha giocato con me. E così ho trovato il mio luogo immaginario dove posso affrontare e vivere il mio oggi. Il mio Campo Largo, dove posso mettere quello che voglio durante il trascorrere delle stagioni, dove la luce è padrona del giorno e il buio accarezza e consola nel suo silenzio. Anche di quello abbiamo bisogno: le parole si fermano, i pensieri rallentano, i timori si nascondono sopraffatti dalla nostra forza. Ma perché è difficile rispondere alla domanda… Ho timore di spaventare, di togliere la speranza, di far conoscere una strada troppo difficile. Nessuna strada è troppo difficile. Chiamiamola strada, e già diventa meno difficile. E allora rispondo, pensando bene, cercando le parole giuste per trasmettere la forza e il coraggio. Il mio credere nel domani, il mio sorriso, il mio stupore che catturo in ogni gesto mi abbracciano forte. E vado avanti, non mi fermo! Abbi cura Di te Luisanda Dell’Aria Roma 9 dicembre 2022 È uno di quei giorni in cui la penna vorrebbe correre veloce ma non sa esattamente dove andare. Il 25 novembre. Abbiamo dovuto istituire una giornata contro la violenza sulle donne. È questa l’aberrazione. Come quando davanti al portone delle Chiese troviamo i cartelli entra nella casa di DIO se sei vestito in modo rispettoso. O al cinema, al teatro… si ricorda di silenziare i telefoni. In treno… non parlate ad alta voce con i vostri cellulari e usate il tablet ad un volume adeguato. L’aberrazione sta nella nostra cultura sdrucciolevole, della quale ci ammantiamo, ci entusiasmiamo. Perché oggi cultura significa restare rinchiusi nel nostro piccolo recinto fatto di oggetti che ci fanno apparire, fatto di atteggiamenti dimentichi dell’altro, fatto di risentimento se qualcosa non va ma, raramente fatto di responsabilità, attenzione, riconoscimento dell’altro. Allora serve qualcuno che richiama l’ovvio, che sottolinei l’esigenza di…
Scusate se i paragoni possono sembrare poco calzanti o superficiali, vista l’importanza di questa giornata. Ma i ragionamenti sono ragionamenti e nessuno è poco importante. Siamo persi e ci stiamo perdendo nella cultura del niente, nella cultura del pressapochismo. Sono donna e parlo da donna. Non c’è una trasmissione, una canzone, una pubblicità, un film che non veda la donna esposta a dover ascoltare e imparare come deve vivere da qualcuno, uomo, che pretende di saperne di più. La donna, l’angelo del focolare dei tempi andati. Ma ancora oggi angelo del focolare solo che nel paniere del focolare è compreso il lavoro, i figli, la casa, e tutto quel che comporta. E non rispondete che le cose sono cambiate. Non è così. O perlomeno, lo è, ma in piccola parte. La strada da fare è lunghissima ma, anche questa, è solo sulle spalle delle donne. Gli uomini non se ne fanno carico. Loro stanno lì, frastornati dai cambiamenti, confusi su quel che dovrebbero veramente fare e non capiscono. Incerti e indecisi sulla convenienza. Lo capisco. Non c’è nessuna convenienza per loro. Perdono privilegi consolidati da anni di storia, diminuiscono le comodità garantite dall’essere semplicemente marito o compagno. Siamo ancora fermi all’uomo che porta giù la mondezza e si lamenta perché gli viene chiesto. Quando non la scavalca facendo finta di non vederla. È vero e lo ridico, tanti atteggiamenti sono cambiati. Ma quali importanti, quali di sostanza? Ancora viene chiesto dal datore di lavoro se abbiamo figli o se vogliamo avere figli. L’esempio più lampante di chi siamo oggi è la nostra Comandante Samantha Cristoforetti. Appellata dai giornalisti Astro Samantha, Astro Mamma. E la domanda: e i suoi bimbi a chi li lascia per sei mesi? Non è stata fatta la stessa domanda agli uomini, di pari valore, che avrebbero intrapreso la spedizione con lei. Ecco chi siamo. Ecco la nostra società. Ogni santo giorno il telegiornale ci porta tristi notizie di sventure occorse alle donne per mano di uomini. Uomini convinti di poter disporre di noi, del nostro corpo, della nostra mente, dei nostri pensieri, dei nostri desideri. Il disastro, la tragedia prende vita quando questi non sono più confluenti con quelli dell’uomo. Dobbiamo imparare a riempire i nostri vuoti interiori e trovare noi stesse, solo così saremo in grado di difenderci dalle dipendenze, di resistere al richiamo della coppia a tutti i costi per non stare soli. Se sappiamo stare soli allora sapremo anche individuare per tempo l’aggressività, la pretesa, la falsità che si nasconde dietro gesti che, nella debolezza, ci appaiono belli e consolanti. Un giorno un uomo mi disse: a te non ti si può domare, sei troppo impegnativa! Perché mi si dovrebbe domare? Non calpestiamo il nostro temperamento, il nostro modo di essere e di voler vivere la vita per qualcuno, non vale la pena. Perdiamo tanto e guadagniamo pochissimo. La vita la dobbiamo vivere per noi. Restiamo chi siamo a costo di star sole. Se i nostri vuoti li abbiamo riempiti non saremo mai sole, saremo solo con le persone giuste. Saremo con le persone che riconoscono il nostro valore, che vedono i nostri spessori, che ci apprezzano e ci sostengono nel nostro cammino. L’unione non è mutua assistenza, è conoscersi, riconoscersi e scegliersi tutti i giorni con il desiderio di crescere insieme i giorni della nostra vita. Tutto il resto non vale la pena. Abbi Cura Di te Luisanda Dell’Aria Roma 25 novembre 2022 Se lo mettessi io sembrerei una disgraziata sull’orlo di un precipizio. Il mio viso un po' spigoloso, un po' essenziale non è capace di accogliere un turbante e renderlo leggero. Accentuerebbe le spigolature e la morbidezza necessaria sarebbe perduta. Gli occhi, soprattutto i miei, ne soffrirebbero. Sarebbe davvero specchio del cancro. Questo mi convinse a scegliere la parrucca. Avevo bisogno di mantenere me stessa sulla cresta dell’onda, di fare in modo che i miei occhi mi ritrovassero incrociando un riflesso di me. Lei, invece, di fronte a me oggi in DH, con quel turbante rosa scuro, i suoi occhiali neri quadrati e quegli occhi tanto tondi e grandi e luminosi a tenere il contorno del viso morbido e seducente, di infanzia restata aggrappata all’oggi è bellissima. Vederla non mi fa pensare al cancro, alla paura, alla sofferenza, alla strada difficile sulla quale è dovuta salire. Invita invece voglia di esserci comunque, qualunque sia la strada. E sia! La commiserazione alla vista del turbante che sempre mi smuove, questa volta si è messa da parte lasciando spazio alla vita che c’è dietro e che spesso non riusciamo chiaramente a vedere, proprio perché il turbante porta in sé quel significato dal quale non vogliamo essere raggiunte. Anche a me, che sono dentro l’avventura, e che dovrei ben capire, fa quell’effetto. Oggi no, oggi mi sono spostata su un punto di vista diverso. Quegli occhi che ho di fronte mi hanno parlato di vita, di voglia, di desiderio. Non tutte le donne sono così, non tutte riescono a trasformare un turbante nel proprio urlo glorioso. Io no, non ci sono riuscita. Ma oggi ho imparato a leggere altro dietro, sotto, avanti e dietro il turbante. Oggi ho imparato, come mai prima, a leggere gli occhi.
Abbi Cura Di Te Luisanda Dell’Aria Roma 14 novembre 2022 La sua giovane vita vibra forte su quella poltrona. Si respira la sua determinazione a correre l’avventura con la convinzione di farla diventare passato. Con la convinzione di far tornare quel rosa scarlatto che inonda la vita al tramonto del sole. Sta combattendo la sua battaglia. È bella, elegante e si tiene per mano sulla strada che sta percorrendo. Il cancro non l’ha colta di sorpresa. La sua agile mente, le sue sensazioni, l’hanno guidata immediatamente alle prime avvisaglie. Lui, il più temibile dei cancri femminili. Lui, quello che appare e scompare dietro sintomi confondenti che le donne non conoscono. Lui… questa volta è rimasto fregato dalla velocità della mente scaltra di questa giovane vita. È rimasto fregato dalla capacità vera di avere cura di sé, di ascoltarsi, capirsi, indagarsi, conoscersi. È rimasto fregato dalla non paura di scoprire se stava succedendo qualcosa e cosa. Un mal di pancia, banale mal di pancia, che non se ne andava. Ma non era così banale, era diverso dal suo abituale mal di pancia. L’allarme nella sua testa è partito. Era diverso dal solito. Il pensiero comune dei medici la spinge verso una gastrite… niente di che! Ma era diverso dal solito. Con la paura in tasca e la forza della vita nel cuore chiede, pretende e si sottopone immediatamente a indagini più importanti: Cancro all’ovaio germinale al primo stadio. Ha fatto in tempo! È lei che lo ha colto di sorpresa il maledetto. È lei che ha segnato il passo. È lei che gli ha detto: vattene via: qui non c’è posto per te! La guardo mentre racconta e la mia anima balla la musica più soave. La paura di sapere ha perso. E così la fretta degli impegni che, a volte, ci impediscono l’attenzione. La prevenzione, questa giovane vita, ce l’ha ben codificata nella sua scala elicoidale, nel suo DNA. A volte si paragona alla scala di rappresentanza di un grande palazzo. È proprio così. Le informazioni che ha acquisito nella sua giovane vita sono la sua scala di rappresentanza e le hanno salvato la vita. Una, la più importante: non aver paura! È lo zoccolo più duro da scalzare verso la prevenzione. Il cuore della prevenzione: non aver paura! E così le parole Abbi Cura Di Te con le quali cerco di parlare a tutte le donne diventano ancora di più piene e sincere forse come mai lo sono state. Anche lei non sapeva che esisteva il cancro all’ovaio, anche lei non conosceva i sintomi. Ascoltarsi, capirsi, indagarsi, conoscersi ha fatto la differenza. Non aver paura ha fatto la differenza. Tutte le donne devono sapere che esiste il cancro all’ovaio e quali sono i sintomi. Tutte dobbiamo imparare a non aver paura.
Abbi Cura Di Te Luisanda Dell’Aria Roma 9 novembre 2022 Scrivo perché amo scrivere, perché dentro e fuori le righe si possono dire mille cose. Scrivo perché è sempre stato il mio punto di fuga… Trovare una traccia e raccontare una storia mi ha sempre divertito molto. Ho scoperto così, attraverso le mie lettrici e lettori, che le mie storie risvegliavano sentimenti e emotività e chi mi conosceva cercava nei personaggi qualche parte di me o di persone vicino a me. Quando si racconta di amore e di sentimenti la conoscenza dell’autore suscita inevitabilmente quella certa curiosità. Per Innocente, tuttavia, quella certa curiosità si è taciuta. L’argomento è particolare, la trama anche e il sentimento estremo. Non nascondo che la cosa mi ha molto divertito. Quando ho scoperto di avere un cancro e per l’esattezza il più temibile tra quelli femminili, il cancro all’ovaio, ho visto immediatamente la penna in mano come il più potente tra gli strumenti per far sapere a tutte le donne che esisteva e a cosa dovevano stare attente. Ho scritto Abbi Cura Di Te, un‘autobiografia che racconta la scoperta del cancro all’ovaio e l’ho lanciata sui social. Spingi oggi, spingi domani, più di novemila donne lo hanno letto e soprattutto in tantissime mi hanno scritto ringraziandomi per l’informazione e l’Inno alla vita che avevo regalato. Si, l’Inno alla vita… Ho, così scoperto che le mie parole, il mio modo di essere, di esprimere i sentimenti che abitano questo particolare mio momento potevano essere di aiuto a qualcuno. Ho pensato allora di iniziare a scrivere degli articoli-post sui social nei quali racconto sentimenti, emotività nel trascorrere del tempo dentro la malattia ma soprattutto ponendomi fuori dalla malattia. Ritrovando ogni giorno chi ero prima e chi sono adesso.
La mia penna è libera di andare e la mia mente scopre quegli spazi che rendono il cancro solo un pezzetto della mia vita e mai il suo insieme. Interpretare sensazioni e paure delle persone coinvolte in quest’avventura e nelle avventure che la vita ci pone davanti. Aiutarle! Il cancro e tutto quello che comporta sono un percorso difficile da vivere se non si hanno nervi saldi e una buona dose di ottimismo. E chi non li ha, come fa? È stata la domanda che mi sono posta. La prima risposta che mi è venuta in mente è stata: copia! Copia chi sa farlo. In che modo? Provando a cambiare il punto di vista. Quando leggiamo un libro, se è un romanzo con la erre maiuscola, ci immedesimiamo nei personaggi, nella storia e in qualche modo usciamo arricchiti. Ci sono libri che fanno crescere, che sollecitano le nostre riflessioni e magari ci spingono verso un altro punto di vista. Ecco come si fa, non restando ancorati, stretti, prigionieri del nostro personale pensiero ma lasciando la nostra mente vagare in altri dove, alla ricerca di spazi arricchenti. Anche guardare un film, una fiction… può essere uno stimolo se guardiamo con gli occhi aperti alla ricerca di quel qualcosa in più ma soprattutto se, trovato, lo usiamo per crescere e camminare sul cerchio della nostra vita. Non ho la presunzione di essere così brava ma l’illusione di un piccolo aiuto, sì. Da quando ho il cancro, scrivere è diventato anche un luogo dove le strade tortuose possono trovare il loro rettifilo, trovare le pianure e vedere di nuovo, in lontananza, l’orizzonte. Una bella mongolfiera che raccoglie quei ragionamenti, che non sempre si riescono o si vogliono esprimere verbalmente, e li porta a spasso finché non prendono la giusta forma ai quali riferirsi per continuare a camminare e sorridere. Abbi Cura Di Te Luisanda Dell’Aria Roma 1 novembre 2022 Le sette del mattino, in tutte le famiglie, è quello strano momento in cui si scatena la vera competizione alla conquista del gabinetto. L’obiettivo di ognuno è entrare per primo evitando l’attesa con la pipì della notte che reclama forsennatamente la sua urgenza.
Il fatto strano accadde proprio mentre di soppiatto raggiungevo il luogo di decenza, convinto, quella mattina, di essere il primo. Mio fratello dormiva e la casa era immersa nel silenzio della notte. Un incubo, forse provocato dalla paura dell’interrogazione in seconda ora, aveva fatto aprire i miei occhi prima dell’ululato della sveglia. Quella dannata strillava così forte e all’improvviso, almeno sembrava, da somigliare allo start di una gara. Anche perché suonava insieme a quella di mamma e papà e la mia perfida mamma aveva la stessa ossessiva e trapanante suoneria alla quale puntualmente seguivano i suoi urli. Entrava come un guerriero nella nostra stanza e la serranda spariva nel celetto con un gesto forte e deciso facendo un rumore roboante. Ancora mi domando dove trovasse tanta forza. Capirete!! Stiamo parlando delle vecchie serrande in legno, mica moderne in plastica. Comunque, tornando a noi, quella mattina a quell’insolita ora, convinto di essere il primo, mi accingevo a conquistare il luogo privato quando, mano sulla maniglia, mi trovo all’improvviso davanti mamma vestita di tutto punto, seguita al tallone da mio padre anche lui praticamente pronto. La sorpresa era evidente nello sguardo di tutti e tre. “Mamma… non abbiamo sentito la sveglia!?” chiedo un po’ timoroso e convinto che le urla già volanti sopra la mia testa per qualche fortunata coincidenza ancora non le sentivo. “No, amore di mamma…” e si abbassa per regalarmi un bacio. “Ho un impegno presto…” mi spiega mentre la incalzo di domande. Noi maschi siamo un po’ timorosi di fronte a un semplice cambio di abitudini, magari banale e occasionale. “Ma… non sono nemmeno le sette. Perché esci così presto?” le dico con la voce impastata di sonno. “Fuori è ancora buio…!”. La sua mano carezza i miei capelli ma non le do tempo di parlare “Dove vai…?” continuo con la sorpresa negli occhi. “Devo andare al Gabinetto!”. Mi faccio da parte “Mamma non ti preoccupare entra tu!!”. Una grande lacuna di incomprensione si crea nella mia mente con la loro risata e sarebbe pure peggiorata di lì a pochi istanti. “Grazie, piccolo!” sorridendo risponde mamma “Devo andare al Gabinetto del Ministro, se non mi lasci farò tardi!!”. A questo punto il mio sguardo non esprimeva più sorpresa ma puro sconcerto e sgomento “Mamma, al gabinetto del Ministro? Ma perché… perché non al nostro!!” Non stavamo parlando di un piccolo, occasionale cambiamento, mia mamma andava al bagno di qualcun altro. Era una metamorfosi!! Una tragedia! E dovevo capire perché. Abbracciato a mio padre seguo mamma fino alla porta di casa. “Papà… perché ridete? Perché mamma va al gabinetto del Ministro?”. “Quello di Gabinetto è un concetto di grande spessore…” dice mio padre con voce sorridente e calda “Non è il bagno di casa o come dice tua nonna e ami ripetere il luogo di decenza… piccolo illustre!”. Un’onda di rilassatezza mi pervade, nessuna metamorfosi stava stravolgendo la nostra famiglia, tutto sarebbe rimasto uguale, anche mio fratello sempre ultimo ad alzarsi! Il suo essere più piccolo era fonte di privilegi: tardare qualche minuto in più a letto, non avere compiti da fare, guardare più cartoni, lasciare un po’ di latte nella tazza… insomma essere piccoli a casa mia è un vantaggio! Tiro mio padre per la giacca mentre mi allaccio le scarpe “Perché si chiama nello stesso modo?” domandare per me era un’esigenza irrinunciabile e mio papà lo sapeva. “È una parola bella e alta…” dice mio padre. “Perché…” lo interrompo “Se la parola, per tutti, significa bagno!?”. “Perché al gabinetto vanno tutti, anche più volte al giorno. Il Gabinetto lo frequentano in pochi!”. Intanto, mio fratello, ignaro degli avvenimenti, seduto sul letto con le coperte fin sopra le spalle, le gambe penzoloni, indugiando nel caldo della notte, mi guarda vispo e contento nel vedermi già in piedi “Vado al bagno io?” dice con la sua vocetta rotonda. “Ragazzi… rapidi, facciamo tardi!” Irrompe papà nella stanza. “Papà… mamma?” echeggia la vocetta rotonda. “È uscita, amore.” “Di già! …e il mio bacio? E dov’è andata così presto?” infila di corsa le domande senza nemmeno una piccola pausa. “È andata al Gabinetto, aveva un incontro importante questa mattina.” Risponde di getto mio padre. “Al gabinetto…??” ripete la vocetta incredula. “Si, certo, al Gabinetto del Ministro! E tu prendi lo zaino…” dice a me che li ascoltavo ridendomela sotto i baffi. “Deve fare delle cose urgenti con il Ministro. Dai prendi le scarpe, oggi hai ginnastica…”. “Al gabinetto del Ministrooo…?!” insiste mio fratello con la sua vocetta rotonda diventata tremula. “Si! Dai, ragazzi sbrigatevi, dovete ancora fare colazione!”. “Perché non al nostro bagno papà?”. “Questione di semantica, piccoletto. Questione di semantica!!”. Luisanda Dell’Aria Roma 22 ottobre 2022 Il mio punto di vista cambia… sulla sedia “dell’ospite”. Non l’ho fatto pensando. L’ho fatto e basta. Un attimo di stanchezza in una giornata che a volte si attarda e proprio non vuole finire. L’idea non era cambiare, dunque, il mio punto di vista, semplicemente muovermi, alzarmi, spostarmi… distrarre il tempo. E mi sono ritrovata ospite di me stessa. Una strana sensazione: divento improvvisamente sana, per un attimo: l’attimo della sorpresa a ritrovarmi dall’altra parte. Un passo e sono di là: non ho niente, è il posto della compagnia, è il posto del non ho io il cancro e sono spaventatissima: non so che significa, non so cosa si prova. Mi vedo tranquilla, la calma raggiunge anche me ma non è mia. Un passo e sono di qua: nel mio posto: sulla mia poltrona a prendere il mio esercito liquido che mi aiuta a tenere a bada il cancro. Casualmente e inconsciamente ho fatto eruttare un vulcano: non è uscita lava, lapilli ma pensieri, parole, emozioni. Sono rimasta parecchio seduta là. Le immagini scorrevano una dopo l’altra. La prima volta e poi la seconda, la quarta, la decima, la ventesima… e lei, mia sorella, lì, ogni volta che poteva: sono state tante e le amiche, sempre pronte, sempre disponibili, quando non poteva o la vedevo stanca. Non ci riflettiamo mai abbastanza ma fare “l’ospite” stanca. E così sono riuscita a immaginare la fatica di mia sorella, seduta per ore insieme a me, in un mondo che non le apparteneva: il mio mondo: la mia realtà. Chi ha il cancro, paradossalmente è più forte di chi non lo ha. Ne sono profondamente convinta. Lui, entra in casa e spazza via l’eternità. Entra in casa e dice a chiare note: bene ragazzi, vi ricordo che si muore! Tutta la famiglia si ammala, gli amici. Soffrono tantissimo soprattutto i sani proprio perché non ce l’hanno e non sanno contro chi combattere. Restano in balia delle onde. Della paura. Della sorpresa. Del tuo sguardo. A volte la burrasca è così forte che scappano via: lontano. Non riescono a starti vicino. Non è facile. Mettiamoci per un istante dall’altra parte: siamo sicuri… E poi non sempre abbiamo braccia aperte per ricevere l’amore che cercano di dare: lo confondiamo, lo critichiamo, ce ne sentiamo indeboliti: e se fosse commiserazione, pietà, tristezza? E se fosse amore? Da quella sedia dell’ospite possiamo vedere, sentire, ascoltare e possiamo capire, forse, chi è stato con noi. La stanchezza mentale e fisica che può arrivare, che può fare allontanare, distaccare, prendere aria, respirare chi è stato tante volte con noi. Quella sedia, capitata così all’improvviso, per caso, carica di emozioni… Mi porta in giro nei ragionamenti e le domande che bussano sono tante. A volte trovo le risposte, a volte no. E allora è diventato il mio esercizio ogni volta che vado a prendere il mio esercito liquido, guardo la sedia e penso: ora mi sposto: provo a mettermi nei panni della compagnia! Non è facile fare proprie le emozioni di un’altra persona, già il tentativo emoziona e spaventa. Il cancro spaventa. La paura di prenderselo. La paura di non farcela. Ma io l’ho preso. Lo combatto. E chi mi sta di fronte… come è davvero la sua strada accanto a me?
Abbi Cura Di te Luisanda Dell’Aria Parlo, racconto, incontro donne tutti i giorni che non sanno che esiste il cancro all’ovaio, non sanno a cosa devono stare attente. Allora mi fermo e spiego quanto è importante conoscere, sapere, essere informate per poter intervenire in tempo e avere salva la vita. L’informazione è la prima forma di prevenzione che può salvarci la vita. 5300 si ammalano, ogni anno, di cancro all’ovaio. L’80% non supera i cinque anni dalla diagnosi. Viene scoperto tardi, vengono sottovaluti i sintomi. Sono malesseri banali che facilmente vengono confusi con patologie minori… molto lontane dal cancro. Ma, se si ripetono costantemente, tutti insieme, può essere cancro. Invece, raramente si indaga, raramente si svolge un’indagine accurata. La conoscenza è piena di buchi neri che ancora restano vuoti di quelle informazioni che non arrivano alle donne e possono salvare la vita. Quando ho scoperto, nel 2016, di essermi ammalata mi sono sentita tremendamente sola: tutti gli oncologi conoscevano i sintomi, gli altri medici NO, io NO. L’informazione era rimasta incastrata chissà dove, chissà perché. Che sia l’ignoranza, la non conoscenza a tentare di uccidermi non riesco proprio ad accettarlo. Ho scritto Abbi Cura Di Te (gratis al link luisanda-dellaria.weebly.com), desideravo parlare a tutte le donne, informarle, renderle consapevoli. Sono sei anni che percorro strade in salita, in discesa, raramente piane ma non mi fermo, vado avanti con la mia voglia di restare viva, con il coraggio che non mi fa arretrare di un centimetro. Lui, il cancro, vuole uccidermi; io, convinta più che mai di restare viva. Dobbiamo parlarne, a gran voce: se non ne parliamo non esiste! Dobbiamo aiutare le Associazioni impegnate sul territorio nazionale, una per tutte l’ACTO (Alleanza Contro Il Tumore Ovarico), a portare in giro l’informazione, ad aiutare le donne. Dobbiamo costringere, con il nostro impegno, il SSN a intervenire convintamente con una campagna informativa verso la prevenzione del cancro all’ovaio. Sono consapevole che non esiste ancora uno screening ufficiale ma questo non può giustificare il silenzio assordante sul cancro all’ovaio.
Aiutatemi ad aiutare le donne, aiutatemi a portare in giro l’informazione! Abbi Cura Di TE Luisanda Dell’Aria Roma 20 settembre 2022 (Le storie sono parte di me, la penna va… e se tu vuoi leggile!)
“In quel nascondiglio ti sei rifugiata e non sei mai più voluta uscire. Quando la mia voce ti ha chiamata la tua corazza ti ha protetta e sei riuscita ancora a dire no. Ma quella non è una corazza, sei tu che la usi così. Quando non si riescono ad affrontare i propri demoni, le proprie paure, i propri fantasmi costruiamo rifugi inconsapevoli che ci proteggono dalla realtà che non vogliamo vedere. Ho cercato di strapparti al tuo nascondiglio: vorrei conoscerti. Vuoi vedermi? Si dice che si risorge dalle ceneri. Bisogna aspettare però che il fuoco smetta di ardere e il tuo fuoco, cinquant’anni dopo, ancora incendia la tua mente e non dà spazio al cuore. No. La tua risposta. Senza spiegazioni. Senza perché. Hai scelto la tua prigione ma non la mia. Frammenti. Parla a me ma si rivolge a lei. Il dolore l’ha lacerata, contusa, sfregiata. Me lo dice con una domanda. Tu come l’hai fatto?” Cosa? “Il cancro. Come l’hai fatto?” Capisco cosa intende. Non vuole la mia risposta. Le sue parole, il suo dolore hanno bisogno di uscire fuori, cercano sponde in grado di accoglierle anche solo ascoltando. Nulla più intorno a noi ha senso. Solo io e lei. Potremmo essere in qualunque posto: siamo io e lei. “Un velo le copre la testa, una veste il corpo fino ai piedi.”
Una madre prende, una madre lascia, una madre dà, una madre toglie anzi non ha mai dato. È davvero giusto dire: non ha mai dato? L’animo umano è uno scrigno di perché spesso irrisolti. Le scelte insopportabili sono quelle che, nel nascondiglio, riusciamo a sopportare: le neghiamo di fronte a noi! Hai fatto saltare la serratura dello scrigno ma la scelta era così pesante che è rimasta incastrata sul fondo. Incapace di muoversi, incapace di destarsi e guardare fuori: irrisolta, sola! Si è chiusa in una prigione ma ha messo te fuori. Tu cammini la tua strada, lo hai sempre fatto, in questo difficile mondo da comprendere, cercare di capire; ne intravedi la bellezza, la scopri ogni giorno e la vivi. La vita che vivi ti è stata donata. Avrebbe potuto esserti negata: invece no. Quel no non lo ha detto, non ne è stata capace. Quel no non detto ha significato la tua vita fino ad oggi, e domani e fino alla fine dei tuoi giorni. Quel no non detto è vita. È il no che conta, che ha un senso. L’amore negato non lo capirai mai fino in fondo. Ma l’amore dato è quello che hai avuto: è il più importante: è la vita donata. Quel no è tutta la tua vita. Sei tu. “Vorrei riuscire a vedere la luminosità delle tue parole, dei tuoi pensieri. Una parte di me risplende sì, ma l’arco scuro resta ancora sopra la mia testa e a volte la sua ombra sopravanza il mio passo rendendolo incerto. In questi momenti i miei confini smarginano nelle incertezze; la domanda mi aggredisce e mi schiaffeggia ancora una volta: perché? La risposta non ha la stessa prepotenza… non ha! La strada… non ha! Resta sospesa, irrisolta, abbandonata anche lei al tempo che passa, al vuoto che non si colma mai. Un pozzo senza scala e senza corda. Profondo e nero. Vedo la luce, a volte vicina, a volte lontana e cammino senza sosta, con me stessa incontro all’uscita. Non mi stanco, io cammino. “ Quando ti guardi intorno cosa vedi? “I miei figli, mio marito, i miei genitori, la mia vita…: non avrei avuto questa vita, questo amore. Non avrei avuto me come sono e io mi amo tanto.” Ecco l’inizio della risposta. “E la fine… Quando troverò la fine? Sarà quella a non far smarginare i miei confini nelle incertezze.” È dentro di te. Uscirà fuori. Il tempo la farà emergere, le lacrime la nutriranno, le carezze che saprai darle le daranno il coraggio. Devi guardarti, scrutarti, cercarti nel buio, amarti nel silenzio, nella solitudine. Aprire le tue ferite, guardarle e curarle. Provare la paura di amare davvero. Ami davvero quando sei disposto a lasciar andare. Quando sei disposto a perdonare. Quando sei disposto ad amarti come sei, con le tue imperfezioni, i tuoi buchi neri, le tue severità, le tue leggerezze. Quando sei disposto a vedere cosa c’è di te che non ti piace, e poi amarti ancora. Una mattina ti sveglierai e sarai fuori dal pozzo. Sarà tutto così normale che non te ne accorgerai subito. Forse passerà del tempo: farei scelte, ragionamenti, affermazioni che ti faranno riflettere un attimo dopo averle fatte e dette. Ti scoprirai diversa, più leggera, in quel momento capirai e riuscirai a dire grazie per la vita che mi hai dato, che non mi hai negato: ora posso dirti addio, buona vita! “La vita è strana ma da qui sembra un bene così prezioso…!” Luisanda Dell’Aria Roma 1 settembre 2022 Pensiamo di vivere una vita moderna, sul pezzo, come si dice. I social sono espressione dei nostri tempi. Del correre verso la felicità, cercata, sperata, desiderata… Che non vediamo, della quale non ci accorgiamo quando la proviamo. Compare, a ricordarci che è capitata, nei ricordi di momenti particolari: quei momenti che trapelano nei sorrisi involontari, negli occhi che brillano mentre raccontiamo di quel giorno… Ma quel giorno lo abbiamo vissuto come tanti: troppo distratti dal pubblicare le foto, dal far sapere dove siamo, cosa facciamo. Mai distesi a godere dell’attimo. Meno male che ci sono i ricordi.
Il dolore fa sempre più scalpore della felicità o semplicemente della serenità. Le cronache si reggono sulle brutte notizie. Tutti rallentiamo in prossimità di un’incidente. Ci hanno abituato così, siamo cresciuti così: la serenità non fa spettacolo, il suo posto è la cantina. Non a caso nella cantina vengono riposte le cose più buone a migliorarsi nel tempo: il vino, i formaggi, i salumi. Ma è anche rifugio delle inutilità o comunque delle cose che non vogliamo intorno. La cantina la amo molto e anche la soffitta. Si scende e si sale a caccia del passato, di un tempo ormai distante o che non c’è appartenuto. Gli oggetti parlano, raccontano, grattano emozioni, scoprono segreti. Il tempo si dilata. Amo i luoghi dove il tempo si dilata. E pensate… scrivo, leggo e telefono anche nel tempo dilatato. Non riesco a rinunciare. Le persone sono scrigni preziosi. Certo i messaggi, a volte, sono una gran comodità. A volte. Ma regalargli il primo piano… Davvero non abbiamo voglia di parlare, di ridere, di piangere insieme ad un amico? Il messaggio è un abbreviatore, risparmiatore di tempo. Si può parlare con più persone contemporaneamente e di cose diverse. Ma stiamo parlando o stiamo solo correndo? E dove? Verso cosa? Siamo sicuri che stiamo ascoltando, vedendo? Sono antica, me ne rendo conto. Il contatto, le emozioni, le espressioni, la voce, il tono: sono la matassa che esprime chi siamo e mi sento un po' appiattita nella modernità che non lascia spazio ai respiri. Non sono completamente a mio agio: il rapporto, gli occhi negli occhi restano il mio desiderio. Confrontarsi non è semplice, dobbiamo saper ascoltare e non sempre siamo capaci, disposti: le posizioni personali sono affermazioni di sé dalle quali è scomodo distaccarsi per mettersi in ascolto. Non posso e non desidero fermarmi e allora provo a restare, senza troppa ritrosia, in questa realtà burrascosa di messaggi, vocali, social. Lascio alla penna il compito e la capacità di portarmi in giro per questa sgangherata modernità che mi fa vivere di fretta mentre vorrei solo camminare. Avete provato a camminare? Abbi Cura Di Te Luisanda Dell’Aria Roma 28 agosto 2022 Le storie sono parte di me, la penna si diverte e se tu vuoi leggile…
Capita per caso e quando capita di incontrare l’umanità la riconosci e ne sei estasiato. L’umanità è nelle piccole cose, nei frangibili problemi quotidiani, quelli sciocchi, inutili che pur ci sono. In un bar per caso, l’ho incontrata. Devo confessare che sono molto fortunata, mi capita spesso di incontrarla: negli occhi della gente, in una carezza al mio Teddy, in un saluto inaspettato, in un passo lasciato e non preceduto… Piccoli gesti, mai scontati e per questo inaspettati: che fanno riflettere. L’umanità è attenzione all’altro, è uscire dalla codificazione dei comportamenti ai quali siamo abituati e far respirare l’anima: e l’anima si preoccupa dell’altro. In un bar di Viale Libia… che non avevo mai frequentato. Le mie abitudini mi portano sempre negli stessi luoghi e io ne godo ma le giuste e sacrosante vacanze estive di tanti mi hanno trascinato, anche incuriosita, in un altro dove. L’idea, fare la mia immancabile colazione, e prendere un bel tramezzino con l’insalata di pollo e il caffè da portare con me per il pranzo. Dovevo andare a prendere le mie vite, il mio esercito liquido, e sarei stata lì, al DH, tutto il giorno. Mi accolgono due giovani, Davide e Chiara. Avevano dei cornetti meravigliosi Cerco i tramezzini, guardo più in là… nulla! Non mi perdo d’animo, domando. Lui, prontissimo, dice a un altro ragazzo dietro la cucina a vetri: “Per favore, prepari subito un tramezzino con l’insalata di pollo per la signora?” Lo guardo riconoscente della sua attenzione. Direte… va bene, cosa facile, li stava preparando! Nulla è scontato! Sentite dopo… Domando un caffè da portar via, lo vedo con la tazzina di carta e il coperchietto. Gli racconto il lungo di tratto di strada che dovrò percorrere a piedi per arrivare in ospedale, suggerendo una bottiglietta. Si guarda attorno alla ricerca della bottiglietta. Non c’è, non ci può essere. È troppo presto! Smuove un po' di cose… ma niente. Hanno buttato tutto la sera prima, alla chiusura. È troppo presto! Balbetta qualcosa simile a “Credo di non averla” ma continua la sua ricerca. Si ferma un istante, apre il frigo, prende un succo di frutta, lo svuota in un bicchiere, lava la bottiglietta e prepara il mio caffè. Quel gesto mi ha seguita tutto il giorno, ancora mi segue Sorpresa, stupita, meravigliata della sua non addomesticata umanità. È entrato dentro la mia pancia, il mio cuore, la mia testa. Direte: esagerata! Ma vedete l’umanità non addomesticata è l’umanità vera, esce spontanea, tracima dall’anima, si fa vedere, si fa sentire, con una leggerezza e semplicità che se sei distratto non cogli, non vedi, non senti. Avere la fortuna di percepire l’incanto di un momento speciale è una sensazione terribilmente bella. Allora lo conservo, quel momento, lo custodisco nei ricordi, lo racconto, lo scrivo per dargli l’agio del tempo che resta, che non si perde, che non fugge via. Abbi Cura Di te Luisanda Dell’Aria Roma 22 agosto 2022 Le storie sono parte di me, la penna si diverte e tu sei vuoi leggile…
Arrivi per una piccola stradina tagliando il verde della valle per inerpicarti con garbo fino alla sommità. Ti accolgono da lontano i tetti, spunta un campanile e si arriva alla fonte… È stretta tra le poche case, la strada, il piccolo paese è adagiato ai suoi lati. Si sale e si scende uno per volta, pochi punti consentono l’incrocio accompagnato da un saluto e un sorriso, andando adagio nella semplicità dalla quale si viene avvolti. Il tempo ritrova il suo ticchettio, si scrolla di dosso la frenesia della città, si distende, e sembra anche le lancette ritrovino respiro. In inverno gli abitanti sono sei: due sono i miei consuoceri e lui, Giuliano, è quel nonno bellissimo seduto davanti alla sua casa: la porta è sempre aperta, la casa è sempre accogliente. Quasi in cima al paese racchiusa, ma non chiusa, tra le montagne, a guardare una vallata bellissima e io respiro, la mente si apre, trova vigore, si rigenera, si arricchisce. Quattro giorni, poco tempo a pensarci bene, ma tantissimo se immersi nel tempo dilatato. Sono tornata con un carico prezioso di parole, pensieri, tranquillità, serenità. Arricchita nella mente, nel cuore, con gli occhi pieni di bellezze e le orecchie di suoni, versi, rumori, silenzi… stelle libere di farsi vedere e luna e sole e nuvole che ogni tanto fanno capolino e lo coprono, il sole, ma i colori sgargianti e tenui a un tempo lo presentano e tu resti incantato: hai tempo e lo guardi il tramonto. Ti fermi e lo guardi. La città ingoia tutto, lì a Tazza è ancora tutto visibile, udibile, assaporabile. Il terremoto dell’ottobre del 2016 ha interrotto le danze ma solo interrotto, e solo per qualche anno. Poi, lentamente, il paesino ha ricominciato a respirare. Il cuore di Tazza non ha mai smesso di battere, ha iniziato a chiamare, e la vita, con la determinazione e la voglia di essere ancora è tornata. Non c’è niente. E quando niente intendo proprio niente: non un bar, una farmacia, un tabaccaio, una drogheria… Puoi trovare quello di cui hai bisogno e Piè Casavecchia, a tre chilometri e mezzo. Ma proprio in questo niente c’è quello di cui hai veramente bisogno: sorrisi, saluti, bambini che giocano insieme, tralasciando l’età che li distingue, ritrovando loro stessi per primi la libertà non concitata, la libertà leggera delle giovani età. E i figli diventano di tutti. Entrano e escono dalle case, si fermano a pranzo, a cena, a colazione, a giocare, a fare scherzi, a ridere di gusto. Non è pensabile annoiarsi: c’è sempre qualcosa fare. E si torna indietro: senza telefonino, senza giochini elettronici. Escono da soli, vanno di casa in casa, giocano a palla, si divertono con un vecchio triciclo sulle discese. Trovano un cocomero galleggiante nella fonte, lo prendono con l’innocenza della loro fanciullezza e scappano… troppo pesante si distrugge a terra… E ricompriamo il cocomero! Ma quante risate: noi e loro! E la sera si trova una scusa per stare insieme: quello che abbiamo in casa: una brace accesa, qualche bruschetta, le salcicce e la festa esplode di bellezza. E poi a incorniciare questo fantastico paesino ci sono anche loro: due deliziose e romantiche Signore di origini irlandesi. Mi catturano. Sono splendide nel loro essere, sembra, lontane da Tazza ma profondamente, magneticamente uguali. Anni e anni che è parte di loro. I loro figli e adesso i figli dei loro figli godono le meraviglie di un niente pieno di tutto. E quando vai via non vedi l’ora di tornare. In estate gli abitanti diventano una cinquantina: famiglie che si conoscono da sempre. Qualche anziano non c’è più: restano i figli e i nipoti e gli zii… Un insieme di cuori a battere la stessa lentezza, la stessa voglia. Ed è un attimo, nella passeggiata qualcuno rallenta, altri sopraggiungono, noi usciamo dal cancello, la casa di fronte si apre… e non serve un bar, un tavolino, le sedie: si parla, si ride, si scherza, si prendono gli ultimi accordi per la sera di Ferragosto, per quelle risate e chiacchere che non hanno voglia di finire, che sembrano appena iniziate e l’adagio estivo del mese d’agosto va avanti così: tra more, susine e fichi non ancora maturi da cogliere. E si parla del lupo avvistato a Pian Del lupo (!)… e povere pecore! Che ogni giorno diventa più grande, più cattivo, con due occhi crudeli che penetrano lo spavento. Arriva anche il giorno della pignatta, San Rocco, il 16 agosto, ed è gran festa per i bambini. Un’attesa emozionante: dovranno essere bravi a romperla per vincere le caramelle. E anche un tuffo nel fieno alla ricerca delle sorprese. Antichi giochi che non si sono persi, anzi che fanno ritrovare… La vita semplice, la vita bella, la vita fatta unicamente di vita. E noi affannati nelle nostre città piene di tutto ma vuote di cuori, di sorrisi, di sentimenti caldi, sinceri. Io vado con la mia penna, i miei libri e il tempo si dilata, mi accoglie, consola i miei affanni, rallenta la corsa. Finalmente cammino: in discesa, in salita, in obliquo, di lato: da ogni parte vedo, guardo, mi nutro. Ogni volta che vedo è una scoperta nuova nel trovare ogni cosa come era prima. Ma nulla è come prima: è sempre nuovo, affascinante, travolgente. Apri gli occhi: cosa vedi? Niente. Ecco, quando la risposta è niente, tutto il mondo è davanti a te ma non lo sai vedere. Prova a guardare meglio, prova a guardare senza telefono. Prova a guardare con la distrazione che non ti permetti più. Prova a guardare, a respirare, a lasciarti andare… Abbi Cura Di Te Luisanda dell’Aria Tazza 16 agosto 2022 PENSIERI A MANO LIBERA…
Avrò avuto poco più di dodici anni, una ragazzina, lo squillo del telefono si innesta nei miei giochi pomeridiani: un caro amico di famiglia cercava mamma. Era uscita proprio da qualche minuto per delle commissioni nei dintorni di casa. Con la voce rotta mi chiede di riferirle un messaggio non appena fosse tornata “Il mio nipotino è andato via!”. Resto perplessa di fronte a quelle parole che portavano in sé qualcosa che non capivo. Parlava di un bimbo piccolo… dove poteva essere andato, da solo? Lo chiedo diretta, senza pensare troppo: Dov’è andato? La voce sommessa esita qualche secondo e mi raggiunge di nuovo, questa volta tremava “È morto!”. Mi colse così di sorpresa che ancora trova strada tra i ricordi ogni volta che le parole che ascolto non esprimono la realtà ma propongono qualcosa di diverso, forse di più accettabile per chi le dice e per chi le riceve. Tento di comprendere oggi, ma non ci riesco e mi scuserete, lo sforzo raccontato da alcune agenzie funebri nel circondare l’estremo saluto di un senso di “leggerezza” condito a sarcasmo attraverso pubblicità che a me personalmente lasciano un po' l’amaro in bocca. Non siamo mai stati abituati a parlare con consapevolezza e coscienza di morte: non vogliamo ci appartenga, è un futuro lontano che non deve entrare nei nostri pensieri, è un accadimento naturale della vita ma ci inquieta il solo pensiero. È giusto e sacrosanto. Non vivremmo sereni. Qualche volta i nostri pensieri veleggiano intorno a quella parola quando i nostri anziani diventano davvero anziani e il pericolo che si affacci diventa palpabile. È giusto e sacrosanto. Allora mi chiedo: tentare di spazzare via con battute che vogliono essere “accattivanti”, ma tanto lontane dal dolore che un lutto porta in sé, è un modo per essere in linea coi tempi? Quali tempi? Tempi che trovano superato il dispiacere, il dolore per un nostro amato e dissacrano l’estremo saluto riducendolo a una battuta, a un risparmio economico? Ma davvero stiamo diventando questa società? Vedo questi gran cartelloni in città, capiterà anche a voi; ne resto ogni volta sorpresa, colpita: questo distacco, questa lontananza, questo ridurre tutto, scomporlo in parti piccole e meno piccole dove il “prezzo offerto per il servizio” gioca il ruolo principale. Non dispiacere, non lacrime ma il fruscio dei soldi… che deve essere piccolo e insignificante. Risolutore di ogni problema. Un bel fazzoletto che asciughi tutte le lacrime dell’addio. I soldi, vediamo solo quelli. E così, nel giorno di un addio per sempre, nel giorno che non si può più rimandare, nel giorno che segna davvero il passo tra ieri e oggi, nel giorno che non offre sconti, qualcuno offre la soluzione… La soluzione: il fruscio dei soldi piccolo, piccolo! Non è questo che agita i miei pensieri ma la vaporosità incombente su un momento che dovrebbe restare solenne, autentico, anche semplice e rispettoso. Espressione di una vita trascorsa, di un tempo che non c’è più, di ricordi che si rincorrono e illuminano le strade sulle quali camminerà chi resta. In quella chiesa o in quel luogo per il rito civile saranno gli occhi negli occhi, gli abbracci dati e ricevuti, le carezze che cercheranno la solennità della vita vissuta, il valore della vita conclusa, null’altro, se non flusso d’amore. Come fanno a unirsi in matrimonio il dissacrare il momento solenne con il dispiacere per il nostro amato? La domanda mi rincorre da tempo. Non ho trovato la risposta. Luisanda Dell’Aria Roma 7 agosto 2022 La vedo ballare, il sorriso le attraversa il viso e non lascia dubbi: è serenità. Il ristorantino sul mare e la musica dal vivo riportano allegri vecchi momenti e siamo tutti a cantare e ballare sulle cover. I suoi non capelli sembrano svolazzare e le regalano quella lucentezza che mi arriva addosso come un’onda del mare che si infrange in mille schizzi, reclama attenzione e dà spazio ai pensieri. La guardo, non riesco a distogliermi affascinata dalla semplicità della sua forza: vorrei dirle la sua grandezza, chiederle della sua forza originaria: da dove viene? Era dentro di lei, l’ha trovata, danzano insieme, la vedo. Non resisto, vinco la preoccupazione di disturbarla e la raggiungo. Sembrava mi aspettasse, le nostre mani si stringono e il mio pensiero è tutto per lei. L’onda ha trovato la riva, è arrivata e, prima di tornare indietro con il carico di amore si risplende in quegli occhi pieni di vita. Vedo lei e vedo te Dyka cara, e mi sento ricca come mai prima! p
Marianna ha quarantuno anni e a diciannove l’alopecia l’ha fatta diventare più grande della sua età. Ha scavato e cercato tanto, per lunghi anni, la sua vecchia serenità. Capelli finti le hanno circondato il viso fino a che quella forza, quella vita che scalpitava, quell’amore per sé stessa ha placato il mare in tempesta e l’onda è diventata ancora lenta e accogliente risacca verso la felicità: di essere, di vedersi, di riconoscersi. Suo marito, i suoi tre meravigliosi bambini sono la danza del suo cuore. Lei mi ringrazia per la forza che le danno le mie parole, io la ringrazio per avermi fatto vedere il respiro della vita. Come te Dyka cara, ogni volta che ti parlo, ogni volta che ti vedo, tutte le volte che ti penso, sempre! Luisanda Dell’Aria Tarquinia 6 agosto 2022 Il mare mi vede molto presto la mattina, sono le uniche ore di sole delle quali posso godere davvero: quelle oblique. La chemio e il cortisone mi impediscono di espormi al sole. E sia! Me lo godo lo stesso molto! Verso le nove e trenta, ora che il sole mi invita a lasciare la spiaggia, i miei occhi non smettono di guardarsi intorno: spiaggia ancora deserta, mare calmo bellissimo, silenzio interrotto da una lenta e mansueta risacca, aria limpida, così limpida che l’isola del Giglio, Giannutri e il Monte Argentario stanno lì a mostrarsi nella loro bellezza sull’orizzonte tra cielo e mare. Una domanda è scappata fuori… perché devo andare via, possibile che tutto questo mi faccia male? Si, possibile e certo.
Quest’aria così bella, limpida e fresca, permeata di sole farebbe molto male alla mia pelle troppo sensibile. Non vedo ad occhio nudo il pericolo, non posso toccarlo e in alcuni momenti mi sembra anche un po' esagerato, incredibile, che un sole così bello possa essere, per me, dannoso. Eppure è così. Chi ne sa più di me, medici e dermatologi oncologi, mi ha informata spiegandomi bene la reazione della mia pelle (con le medicine che sono dentro di me) all’esposizione solare. Non posso vedere cosa succederebbe se… ma la loro professionalità e la loro esperienza non lasciano spazi a leggerezze. Ma perché vi racconto questa storia? L’analogia con i cambiamenti climatici è stata immediata. Non li vediamo, non li possiamo toccare, non ne abbiamo percezione reale. Eppure siamo vicini a un punto di non ritorno. Ma cosa significa punto di non ritorno? Gli eventi naturali che capiteranno in un prossimo futuro saranno tali e tanti da non poter più provare a governarli, ne patiremo e ne saremo vittime. Eppure non ce ne rendiamo conto. Non facciamo nulla di veramente importante, se non per invertire la rotta, per fermare il fenomeno. Gli esperti, gli scienziati, gli studiosi stanno, da anni, cercando di avvisare… spiegando, raccontando cosa siamo stati capaci di determinare in centocinquant’anni di evoluzione industriale, scientifica… Per la terra centocinquant’anni sono un nulla ma quello che prima succedeva in milioni di anni ora avviene in questo tempo: come un’esplosione! La nostra modernità priva di scrupoli continua a indurci a non valutare le conseguenze dei nostri comportamenti. Troppi interessi economici: era il 1972 e Battisti cantava Confusione… “Non usare l’oro nero! Se tu credi che il carbone bruci meglio, è un abbaglio, è petrolio…” E noi non capiamo niente, fermi immobili nella nostra sgangherata modernità. Capiamo solo quello che vediamo e possiamo toccare, e siamo convinti che la nostra terra abbia risorse naturali infinite. Ma non è così. Parliamo tutti del gran caldo di questo periodo ma quando precipita un ghiacciaio non riusciamo a credere veramente che ci sia una relazione. Avete mai pensato che il ghiacciaio è l’origine dell’acqua, della vita? Che facciamo se si blocca l’origine? O quando un acquazzone precipita a terra l’acqua che non è piovuta negli ultimi cinque mesi contiamo i danni, le colture distrutte ma nessuna relazione con i cambiamenti climatici. La relazione la evidenziano gli scienziati, gli esperti, gli studiosi ma chi ci crede a quelli, avranno degli interessi per dire quello che dicono, per terrorizzare. Io ci credo, come ho creduto e credo agli esperti, ai professionisti che mi tengono viva e in buona salute. E ci credereste anche voi se si trattasse della vostra vita. Perché non crediamo anche a loro? Si tratta della nostra vita, proprio della nostra vita! Che terra lasceremo ai nostri nipoti? Che frase fatta. Ma racchiude in sé tutta la verità. L’epoca dei cambiamenti più significativi è la nostra ma noi diciamo boh! Il petrolio ha portato fuori dalla povertà, ha portato benessere, il problema è essere precipitati nel consumo eccessivo, nello spreco, nel cambio di paradigma: conservo e aggiusto – uso, getto e ricompro. Qualunque cosa facciamo, pensiamo, creiamo diventa spazzatura da bruciare come altro combustibile: la terra e l’atmosfera le nostre più grandi pattumiere. La mia bis nonna Melina è nata nel 1878, da pochi anni si estraeva per la prima volta il petrolio e qualche anno dopo è stato inventato il motore a scoppio… Pensate, solo due nonne sono bastate per tentare di distruggere il pianeta. Ho detto tentare perché spero ancora che proveremo di salvarlo. Luisanda Dell’Aria Tarquinia 2 agosto 2022 |
AUTORENon smetterò mai di sognare e amare! ARCHIVIO
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