Le storie sono parte di me, la penna si diverte e tu sei vuoi leggile…
Arrivi per una piccola stradina tagliando il verde della valle per inerpicarti con garbo fino alla sommità. Ti accolgono da lontano i tetti, spunta un campanile e si arriva alla fonte… È stretta tra le poche case, la strada, il piccolo paese è adagiato ai suoi lati. Si sale e si scende uno per volta, pochi punti consentono l’incrocio accompagnato da un saluto e un sorriso, andando adagio nella semplicità dalla quale si viene avvolti. Il tempo ritrova il suo ticchettio, si scrolla di dosso la frenesia della città, si distende, e sembra anche le lancette ritrovino respiro. In inverno gli abitanti sono sei: due sono i miei consuoceri e lui, Giuliano, è quel nonno bellissimo seduto davanti alla sua casa: la porta è sempre aperta, la casa è sempre accogliente. Quasi in cima al paese racchiusa, ma non chiusa, tra le montagne, a guardare una vallata bellissima e io respiro, la mente si apre, trova vigore, si rigenera, si arricchisce. Quattro giorni, poco tempo a pensarci bene, ma tantissimo se immersi nel tempo dilatato. Sono tornata con un carico prezioso di parole, pensieri, tranquillità, serenità. Arricchita nella mente, nel cuore, con gli occhi pieni di bellezze e le orecchie di suoni, versi, rumori, silenzi… stelle libere di farsi vedere e luna e sole e nuvole che ogni tanto fanno capolino e lo coprono, il sole, ma i colori sgargianti e tenui a un tempo lo presentano e tu resti incantato: hai tempo e lo guardi il tramonto. Ti fermi e lo guardi. La città ingoia tutto, lì a Tazza è ancora tutto visibile, udibile, assaporabile. Il terremoto dell’ottobre del 2016 ha interrotto le danze ma solo interrotto, e solo per qualche anno. Poi, lentamente, il paesino ha ricominciato a respirare. Il cuore di Tazza non ha mai smesso di battere, ha iniziato a chiamare, e la vita, con la determinazione e la voglia di essere ancora è tornata. Non c’è niente. E quando niente intendo proprio niente: non un bar, una farmacia, un tabaccaio, una drogheria…
Puoi trovare quello di cui hai bisogno e Piè Casavecchia, a tre chilometri e mezzo. Ma proprio in questo niente c’è quello di cui hai veramente bisogno: sorrisi, saluti, bambini che giocano insieme, tralasciando l’età che li distingue, ritrovando loro stessi per primi la libertà non concitata, la libertà leggera delle giovani età. E i figli diventano di tutti. Entrano e escono dalle case, si fermano a pranzo, a cena, a colazione, a giocare, a fare scherzi, a ridere di gusto. Non è pensabile annoiarsi: c’è sempre qualcosa fare. E si torna indietro: senza telefonino, senza giochini elettronici. Escono da soli, vanno di casa in casa, giocano a palla, si divertono con un vecchio triciclo sulle discese. Trovano un cocomero galleggiante nella fonte, lo prendono con l’innocenza della loro fanciullezza e scappano… troppo pesante si distrugge a terra… E ricompriamo il cocomero! Ma quante risate: noi e loro! E la sera si trova una scusa per stare insieme: quello che abbiamo in casa: una brace accesa, qualche bruschetta, le salcicce e la festa esplode di bellezza. E poi a incorniciare questo fantastico paesino ci sono anche loro: due deliziose e romantiche Signore di origini irlandesi. Mi catturano. Sono splendide nel loro essere, sembra, lontane da Tazza ma profondamente, magneticamente uguali. Anni e anni che è parte di loro. I loro figli e adesso i figli dei loro figli godono le meraviglie di un niente pieno di tutto. E quando vai via non vedi l’ora di tornare. In estate gli abitanti diventano una cinquantina: famiglie che si conoscono da sempre. Qualche anziano non c’è più: restano i figli e i nipoti e gli zii… Un insieme di cuori a battere la stessa lentezza, la stessa voglia. Ed è un attimo, nella passeggiata qualcuno rallenta, altri sopraggiungono, noi usciamo dal cancello, la casa di fronte si apre… e non serve un bar, un tavolino, le sedie: si parla, si ride, si scherza, si prendono gli ultimi accordi per la sera di Ferragosto, per quelle risate e chiacchere che non hanno voglia di finire, che sembrano appena iniziate e l’adagio estivo del mese d’agosto va avanti così: tra more, susine e fichi non ancora maturi da cogliere. E si parla del lupo avvistato a Pian Del lupo (!)… e povere pecore! Che ogni giorno diventa più grande, più cattivo, con due occhi crudeli che penetrano lo spavento. Arriva anche il giorno della pignatta, San Rocco, il 16 agosto, ed è gran festa per i bambini. Un’attesa emozionante: dovranno essere bravi a romperla per vincere le caramelle. E anche un tuffo nel fieno alla ricerca delle sorprese. Antichi giochi che non si sono persi, anzi che fanno ritrovare… La vita semplice, la vita bella, la vita fatta unicamente di vita. E noi affannati nelle nostre città piene di tutto ma vuote di cuori, di sorrisi, di sentimenti caldi, sinceri. Io vado con la mia penna, i miei libri e il tempo si dilata, mi accoglie, consola i miei affanni, rallenta la corsa. Finalmente cammino: in discesa, in salita, in obliquo, di lato: da ogni parte vedo, guardo, mi nutro. Ogni volta che vedo è una scoperta nuova nel trovare ogni cosa come era prima. Ma nulla è come prima: è sempre nuovo, affascinante, travolgente.
Apri gli occhi: cosa vedi? Niente. Ecco, quando la risposta è niente, tutto il mondo è davanti a te ma non lo sai vedere. Prova a guardare meglio, prova a guardare senza telefono. Prova a guardare con la distrazione che non ti permetti più. Prova a guardare, a respirare, a lasciarti andare…
Abbi Cura Di Te
Luisanda dell’Aria
Tazza 16 agosto 2022
Arrivi per una piccola stradina tagliando il verde della valle per inerpicarti con garbo fino alla sommità. Ti accolgono da lontano i tetti, spunta un campanile e si arriva alla fonte… È stretta tra le poche case, la strada, il piccolo paese è adagiato ai suoi lati. Si sale e si scende uno per volta, pochi punti consentono l’incrocio accompagnato da un saluto e un sorriso, andando adagio nella semplicità dalla quale si viene avvolti. Il tempo ritrova il suo ticchettio, si scrolla di dosso la frenesia della città, si distende, e sembra anche le lancette ritrovino respiro. In inverno gli abitanti sono sei: due sono i miei consuoceri e lui, Giuliano, è quel nonno bellissimo seduto davanti alla sua casa: la porta è sempre aperta, la casa è sempre accogliente. Quasi in cima al paese racchiusa, ma non chiusa, tra le montagne, a guardare una vallata bellissima e io respiro, la mente si apre, trova vigore, si rigenera, si arricchisce. Quattro giorni, poco tempo a pensarci bene, ma tantissimo se immersi nel tempo dilatato. Sono tornata con un carico prezioso di parole, pensieri, tranquillità, serenità. Arricchita nella mente, nel cuore, con gli occhi pieni di bellezze e le orecchie di suoni, versi, rumori, silenzi… stelle libere di farsi vedere e luna e sole e nuvole che ogni tanto fanno capolino e lo coprono, il sole, ma i colori sgargianti e tenui a un tempo lo presentano e tu resti incantato: hai tempo e lo guardi il tramonto. Ti fermi e lo guardi. La città ingoia tutto, lì a Tazza è ancora tutto visibile, udibile, assaporabile. Il terremoto dell’ottobre del 2016 ha interrotto le danze ma solo interrotto, e solo per qualche anno. Poi, lentamente, il paesino ha ricominciato a respirare. Il cuore di Tazza non ha mai smesso di battere, ha iniziato a chiamare, e la vita, con la determinazione e la voglia di essere ancora è tornata. Non c’è niente. E quando niente intendo proprio niente: non un bar, una farmacia, un tabaccaio, una drogheria…
Puoi trovare quello di cui hai bisogno e Piè Casavecchia, a tre chilometri e mezzo. Ma proprio in questo niente c’è quello di cui hai veramente bisogno: sorrisi, saluti, bambini che giocano insieme, tralasciando l’età che li distingue, ritrovando loro stessi per primi la libertà non concitata, la libertà leggera delle giovani età. E i figli diventano di tutti. Entrano e escono dalle case, si fermano a pranzo, a cena, a colazione, a giocare, a fare scherzi, a ridere di gusto. Non è pensabile annoiarsi: c’è sempre qualcosa fare. E si torna indietro: senza telefonino, senza giochini elettronici. Escono da soli, vanno di casa in casa, giocano a palla, si divertono con un vecchio triciclo sulle discese. Trovano un cocomero galleggiante nella fonte, lo prendono con l’innocenza della loro fanciullezza e scappano… troppo pesante si distrugge a terra… E ricompriamo il cocomero! Ma quante risate: noi e loro! E la sera si trova una scusa per stare insieme: quello che abbiamo in casa: una brace accesa, qualche bruschetta, le salcicce e la festa esplode di bellezza. E poi a incorniciare questo fantastico paesino ci sono anche loro: due deliziose e romantiche Signore di origini irlandesi. Mi catturano. Sono splendide nel loro essere, sembra, lontane da Tazza ma profondamente, magneticamente uguali. Anni e anni che è parte di loro. I loro figli e adesso i figli dei loro figli godono le meraviglie di un niente pieno di tutto. E quando vai via non vedi l’ora di tornare. In estate gli abitanti diventano una cinquantina: famiglie che si conoscono da sempre. Qualche anziano non c’è più: restano i figli e i nipoti e gli zii… Un insieme di cuori a battere la stessa lentezza, la stessa voglia. Ed è un attimo, nella passeggiata qualcuno rallenta, altri sopraggiungono, noi usciamo dal cancello, la casa di fronte si apre… e non serve un bar, un tavolino, le sedie: si parla, si ride, si scherza, si prendono gli ultimi accordi per la sera di Ferragosto, per quelle risate e chiacchere che non hanno voglia di finire, che sembrano appena iniziate e l’adagio estivo del mese d’agosto va avanti così: tra more, susine e fichi non ancora maturi da cogliere. E si parla del lupo avvistato a Pian Del lupo (!)… e povere pecore! Che ogni giorno diventa più grande, più cattivo, con due occhi crudeli che penetrano lo spavento. Arriva anche il giorno della pignatta, San Rocco, il 16 agosto, ed è gran festa per i bambini. Un’attesa emozionante: dovranno essere bravi a romperla per vincere le caramelle. E anche un tuffo nel fieno alla ricerca delle sorprese. Antichi giochi che non si sono persi, anzi che fanno ritrovare… La vita semplice, la vita bella, la vita fatta unicamente di vita. E noi affannati nelle nostre città piene di tutto ma vuote di cuori, di sorrisi, di sentimenti caldi, sinceri. Io vado con la mia penna, i miei libri e il tempo si dilata, mi accoglie, consola i miei affanni, rallenta la corsa. Finalmente cammino: in discesa, in salita, in obliquo, di lato: da ogni parte vedo, guardo, mi nutro. Ogni volta che vedo è una scoperta nuova nel trovare ogni cosa come era prima. Ma nulla è come prima: è sempre nuovo, affascinante, travolgente.
Apri gli occhi: cosa vedi? Niente. Ecco, quando la risposta è niente, tutto il mondo è davanti a te ma non lo sai vedere. Prova a guardare meglio, prova a guardare senza telefono. Prova a guardare con la distrazione che non ti permetti più. Prova a guardare, a respirare, a lasciarti andare…
Abbi Cura Di Te
Luisanda dell’Aria
Tazza 16 agosto 2022