Le sette del mattino, in tutte le famiglie, è quello strano momento in cui si scatena la vera competizione alla conquista del gabinetto. L’obiettivo di ognuno è entrare per primo evitando l’attesa con la pipì della notte che reclama forsennatamente la sua urgenza.
Il fatto strano accadde proprio mentre di soppiatto raggiungevo il luogo di decenza, convinto, quella mattina, di essere il primo.
Mio fratello dormiva e la casa era immersa nel silenzio della notte. Un incubo, forse provocato dalla paura dell’interrogazione in seconda ora, aveva fatto aprire i miei occhi prima dell’ululato della sveglia. Quella dannata strillava così forte e all’improvviso, almeno sembrava, da somigliare allo start di una gara. Anche perché suonava insieme a quella di mamma e papà e la mia perfida mamma aveva la stessa ossessiva e trapanante suoneria alla quale puntualmente seguivano i suoi urli.
Entrava come un guerriero nella nostra stanza e la serranda spariva nel celetto con un gesto forte e deciso facendo un rumore roboante. Ancora mi domando dove trovasse tanta forza. Capirete!! Stiamo parlando delle vecchie serrande in legno, mica moderne in plastica. Comunque, tornando a noi, quella mattina a quell’insolita ora, convinto di essere il primo, mi accingevo a conquistare il luogo privato quando, mano sulla maniglia, mi trovo all’improvviso davanti mamma vestita di tutto punto, seguita al tallone da mio padre anche lui praticamente pronto.
La sorpresa era evidente nello sguardo di tutti e tre.
“Mamma… non abbiamo sentito la sveglia!?” chiedo un po’ timoroso e convinto che le urla già volanti sopra la mia testa per qualche fortunata coincidenza ancora non le sentivo.
“No, amore di mamma…” e si abbassa per regalarmi un bacio.
“Ho un impegno presto…” mi spiega mentre la incalzo di domande. Noi maschi siamo un po’ timorosi di fronte a un semplice cambio di abitudini, magari banale e occasionale.
“Ma… non sono nemmeno le sette. Perché esci così presto?” le dico con la voce impastata di sonno.
“Fuori è ancora buio…!”.
La sua mano carezza i miei capelli ma non le do tempo di parlare “Dove vai…?” continuo con la sorpresa negli occhi.
“Devo andare al Gabinetto!”.
Mi faccio da parte “Mamma non ti preoccupare entra tu!!”.
Una grande lacuna di incomprensione si crea nella mia mente con la loro risata e sarebbe pure peggiorata di lì a pochi istanti.
“Grazie, piccolo!” sorridendo risponde mamma “Devo andare al Gabinetto del Ministro, se non mi lasci farò tardi!!”.
A questo punto il mio sguardo non esprimeva più sorpresa ma puro sconcerto e sgomento “Mamma, al gabinetto del Ministro? Ma perché… perché non al nostro!!”
Non stavamo parlando di un piccolo, occasionale cambiamento, mia mamma andava al bagno di qualcun altro. Era una metamorfosi!! Una tragedia! E dovevo capire perché.
Abbracciato a mio padre seguo mamma fino alla porta di casa.
“Papà… perché ridete? Perché mamma va al gabinetto del Ministro?”.
“Quello di Gabinetto è un concetto di grande spessore…” dice mio padre con voce sorridente e calda “Non è il bagno di casa o come dice tua nonna e ami ripetere il luogo di decenza… piccolo illustre!”.
Un’onda di rilassatezza mi pervade, nessuna metamorfosi stava stravolgendo la nostra famiglia, tutto sarebbe rimasto uguale, anche mio fratello sempre ultimo ad alzarsi! Il suo essere più piccolo era fonte di privilegi: tardare qualche minuto in più a letto, non avere compiti da fare, guardare più cartoni, lasciare un po’ di latte nella tazza… insomma essere piccoli a casa mia è un vantaggio!
Tiro mio padre per la giacca mentre mi allaccio le scarpe “Perché si chiama nello stesso modo?” domandare per me era un’esigenza irrinunciabile e mio papà lo sapeva.
“È una parola bella e alta…” dice mio padre.
“Perché…” lo interrompo “Se la parola, per tutti, significa bagno!?”.
“Perché al gabinetto vanno tutti, anche più volte al giorno. Il Gabinetto lo frequentano in pochi!”.
Intanto, mio fratello, ignaro degli avvenimenti, seduto sul letto con le coperte fin sopra le spalle, le gambe penzoloni, indugiando nel caldo della notte, mi guarda vispo e contento nel vedermi già in piedi “Vado al bagno io?” dice con la sua vocetta rotonda.
“Ragazzi… rapidi, facciamo tardi!” Irrompe papà nella stanza.
“Papà… mamma?” echeggia la vocetta rotonda.
“È uscita, amore.”
“Di già! …e il mio bacio? E dov’è andata così presto?” infila di corsa le domande senza nemmeno una piccola pausa.
“È andata al Gabinetto, aveva un incontro importante questa mattina.” Risponde di getto mio padre.
“Al gabinetto…??” ripete la vocetta incredula.
“Si, certo, al Gabinetto del Ministro! E tu prendi lo zaino…” dice a me che li ascoltavo ridendomela sotto i baffi.
“Deve fare delle cose urgenti con il Ministro. Dai prendi le scarpe, oggi hai ginnastica…”.
“Al gabinetto del Ministrooo…?!” insiste mio fratello con la sua vocetta rotonda diventata tremula.
“Si! Dai, ragazzi sbrigatevi, dovete ancora fare colazione!”.
“Perché non al nostro bagno papà?”.
“Questione di semantica, piccoletto. Questione di semantica!!”.
Luisanda Dell’Aria
Roma 22 ottobre 2022
Il fatto strano accadde proprio mentre di soppiatto raggiungevo il luogo di decenza, convinto, quella mattina, di essere il primo.
Mio fratello dormiva e la casa era immersa nel silenzio della notte. Un incubo, forse provocato dalla paura dell’interrogazione in seconda ora, aveva fatto aprire i miei occhi prima dell’ululato della sveglia. Quella dannata strillava così forte e all’improvviso, almeno sembrava, da somigliare allo start di una gara. Anche perché suonava insieme a quella di mamma e papà e la mia perfida mamma aveva la stessa ossessiva e trapanante suoneria alla quale puntualmente seguivano i suoi urli.
Entrava come un guerriero nella nostra stanza e la serranda spariva nel celetto con un gesto forte e deciso facendo un rumore roboante. Ancora mi domando dove trovasse tanta forza. Capirete!! Stiamo parlando delle vecchie serrande in legno, mica moderne in plastica. Comunque, tornando a noi, quella mattina a quell’insolita ora, convinto di essere il primo, mi accingevo a conquistare il luogo privato quando, mano sulla maniglia, mi trovo all’improvviso davanti mamma vestita di tutto punto, seguita al tallone da mio padre anche lui praticamente pronto.
La sorpresa era evidente nello sguardo di tutti e tre.
“Mamma… non abbiamo sentito la sveglia!?” chiedo un po’ timoroso e convinto che le urla già volanti sopra la mia testa per qualche fortunata coincidenza ancora non le sentivo.
“No, amore di mamma…” e si abbassa per regalarmi un bacio.
“Ho un impegno presto…” mi spiega mentre la incalzo di domande. Noi maschi siamo un po’ timorosi di fronte a un semplice cambio di abitudini, magari banale e occasionale.
“Ma… non sono nemmeno le sette. Perché esci così presto?” le dico con la voce impastata di sonno.
“Fuori è ancora buio…!”.
La sua mano carezza i miei capelli ma non le do tempo di parlare “Dove vai…?” continuo con la sorpresa negli occhi.
“Devo andare al Gabinetto!”.
Mi faccio da parte “Mamma non ti preoccupare entra tu!!”.
Una grande lacuna di incomprensione si crea nella mia mente con la loro risata e sarebbe pure peggiorata di lì a pochi istanti.
“Grazie, piccolo!” sorridendo risponde mamma “Devo andare al Gabinetto del Ministro, se non mi lasci farò tardi!!”.
A questo punto il mio sguardo non esprimeva più sorpresa ma puro sconcerto e sgomento “Mamma, al gabinetto del Ministro? Ma perché… perché non al nostro!!”
Non stavamo parlando di un piccolo, occasionale cambiamento, mia mamma andava al bagno di qualcun altro. Era una metamorfosi!! Una tragedia! E dovevo capire perché.
Abbracciato a mio padre seguo mamma fino alla porta di casa.
“Papà… perché ridete? Perché mamma va al gabinetto del Ministro?”.
“Quello di Gabinetto è un concetto di grande spessore…” dice mio padre con voce sorridente e calda “Non è il bagno di casa o come dice tua nonna e ami ripetere il luogo di decenza… piccolo illustre!”.
Un’onda di rilassatezza mi pervade, nessuna metamorfosi stava stravolgendo la nostra famiglia, tutto sarebbe rimasto uguale, anche mio fratello sempre ultimo ad alzarsi! Il suo essere più piccolo era fonte di privilegi: tardare qualche minuto in più a letto, non avere compiti da fare, guardare più cartoni, lasciare un po’ di latte nella tazza… insomma essere piccoli a casa mia è un vantaggio!
Tiro mio padre per la giacca mentre mi allaccio le scarpe “Perché si chiama nello stesso modo?” domandare per me era un’esigenza irrinunciabile e mio papà lo sapeva.
“È una parola bella e alta…” dice mio padre.
“Perché…” lo interrompo “Se la parola, per tutti, significa bagno!?”.
“Perché al gabinetto vanno tutti, anche più volte al giorno. Il Gabinetto lo frequentano in pochi!”.
Intanto, mio fratello, ignaro degli avvenimenti, seduto sul letto con le coperte fin sopra le spalle, le gambe penzoloni, indugiando nel caldo della notte, mi guarda vispo e contento nel vedermi già in piedi “Vado al bagno io?” dice con la sua vocetta rotonda.
“Ragazzi… rapidi, facciamo tardi!” Irrompe papà nella stanza.
“Papà… mamma?” echeggia la vocetta rotonda.
“È uscita, amore.”
“Di già! …e il mio bacio? E dov’è andata così presto?” infila di corsa le domande senza nemmeno una piccola pausa.
“È andata al Gabinetto, aveva un incontro importante questa mattina.” Risponde di getto mio padre.
“Al gabinetto…??” ripete la vocetta incredula.
“Si, certo, al Gabinetto del Ministro! E tu prendi lo zaino…” dice a me che li ascoltavo ridendomela sotto i baffi.
“Deve fare delle cose urgenti con il Ministro. Dai prendi le scarpe, oggi hai ginnastica…”.
“Al gabinetto del Ministrooo…?!” insiste mio fratello con la sua vocetta rotonda diventata tremula.
“Si! Dai, ragazzi sbrigatevi, dovete ancora fare colazione!”.
“Perché non al nostro bagno papà?”.
“Questione di semantica, piccoletto. Questione di semantica!!”.
Luisanda Dell’Aria
Roma 22 ottobre 2022