Volevo scrivere altro ma la penna ha catturato i graffi del mio cuore e non ho potuto fare a meno di ascoltarlo ritrovandomi con la ragazza dello stupro siciliano. Ho letto parecchio sui giornali, sui social. Ci sono state levate di scudi, e forse non a torto, contro la spettacolarizzazione, attraverso la pubblicazione della chat tra i sette ragazzi, del fatto avvenuto, osceno, gravissimo, imperdonabile. Il rinvio costante, infrenabile della discussione in chat e il susseguirsi dei commenti indignati – si dice – perpetua la continuità dello stupro nella mente, negli occhi, nelle emozioni della ragazza vittima di tale nefandezza, spostando all’infinito la parola fine. Pace e silenzio sarebbero obbligatorie.
Ecco, su questo non mi trovo d’accordo. Pace e silenzio, non sarebbero onesti.
Per anni abomini di tale fattezza restavano chiusi nei cassetti della paura, della vergona, del timore, della remora verso un dopo che offriva pochissime protezioni a queste donne così profondamente offese. Un dopo difficile da affrontare forse quanto lo stupro stesso. Il silenzio doveva e poteva seppellire l’ignominia e provare a portare equilibrio là dove l’equilibrio proprio non c’era. Oggi le donne trovano sempre più spesso il coraggio, la forza di denunciare, urlando, a volte a voce alta, il gesto malvagio subito. C’è voluta la tenacia delle più forti, la perseveranza di chi aveva meno paura, la determinatezza di chi ha potuto assumere ruoli pubblici e parlare, dare indicazioni, insegnare, suggerire, a tutte noi donne quale fosse la strada giusta quando capitano eventi così gravi.
La ragazza, nel nero profondo del pozzo senza fondo, stretto e viscido nel quale è stata precipitata, ha alzato la testa. Ha alzato la testa e con il suo corpo a brandelli, vilipeso e umiliato, e con la sua pancia, il suo cuore, il suo cervello ha iniziato il cammino sulla strada giusta, difficile, ma giusta: ha denunciato i suoi aggressori. Ha denunciato la grave violazione. Ha denunciato, lo scherno, la superficialità, la violenza e il loro ripetersi ad opera di sette disgraziati. Giovanissimi disgraziati.
Ha alzato la testa, ci sta guardando, ci sta ascoltando, sta chiedendo la nostra mano dove aggrapparsi per restare su quella strada. Non dobbiamo dare agio alla spettacolarizzazione, questo è vero e giusto e sono profondamente d’accordo. Forse sì, rimandare in ogni dove la chat scava sulle ferite, ma ogni medaglia ha il suo rovescio e credo che la nostra intima e pubblica indignazione possa essere per lei, forse, anche una carezza. Ma se non se ne parla, non è accaduto. E sarebbe quello l’altro stupro. Dobbiamo continuare a parlarne, trovare il modo più adeguato. Dobbiamo darle la forza della nostra complicità, della nostra comprensione, della nostra convinzione di essere accanto a lei. Ringrazio tutte le donne e gli uomini che in questi giorni hanno dedicato il loro tempo per fare una carezza a questa ragazza così oltraggiata. Si spegneranno i riflettori e ancora una volta ritornerà il silenzio. Vorrei che questo silenzio fosse tanto rumoroso. Veniamo uccise, stuprate da uomini che dell’uomo - quale persona - hanno davvero poco, anche intitolarli animali è sbagliato. Gli animali sono assai meglio e non si comportano così. La continuità delle malvagità spaventa, indigna, sorprende e non lascia scampo a un giudizio implacabile. Spero tanto che siano implacabili anche i giudici chiamati nel loro triste compito.
Abbi Cura Di Te
Luisanda Dell’Aria
Roma 22 agosto 2023
Ecco, su questo non mi trovo d’accordo. Pace e silenzio, non sarebbero onesti.
Per anni abomini di tale fattezza restavano chiusi nei cassetti della paura, della vergona, del timore, della remora verso un dopo che offriva pochissime protezioni a queste donne così profondamente offese. Un dopo difficile da affrontare forse quanto lo stupro stesso. Il silenzio doveva e poteva seppellire l’ignominia e provare a portare equilibrio là dove l’equilibrio proprio non c’era. Oggi le donne trovano sempre più spesso il coraggio, la forza di denunciare, urlando, a volte a voce alta, il gesto malvagio subito. C’è voluta la tenacia delle più forti, la perseveranza di chi aveva meno paura, la determinatezza di chi ha potuto assumere ruoli pubblici e parlare, dare indicazioni, insegnare, suggerire, a tutte noi donne quale fosse la strada giusta quando capitano eventi così gravi.
La ragazza, nel nero profondo del pozzo senza fondo, stretto e viscido nel quale è stata precipitata, ha alzato la testa. Ha alzato la testa e con il suo corpo a brandelli, vilipeso e umiliato, e con la sua pancia, il suo cuore, il suo cervello ha iniziato il cammino sulla strada giusta, difficile, ma giusta: ha denunciato i suoi aggressori. Ha denunciato la grave violazione. Ha denunciato, lo scherno, la superficialità, la violenza e il loro ripetersi ad opera di sette disgraziati. Giovanissimi disgraziati.
Ha alzato la testa, ci sta guardando, ci sta ascoltando, sta chiedendo la nostra mano dove aggrapparsi per restare su quella strada. Non dobbiamo dare agio alla spettacolarizzazione, questo è vero e giusto e sono profondamente d’accordo. Forse sì, rimandare in ogni dove la chat scava sulle ferite, ma ogni medaglia ha il suo rovescio e credo che la nostra intima e pubblica indignazione possa essere per lei, forse, anche una carezza. Ma se non se ne parla, non è accaduto. E sarebbe quello l’altro stupro. Dobbiamo continuare a parlarne, trovare il modo più adeguato. Dobbiamo darle la forza della nostra complicità, della nostra comprensione, della nostra convinzione di essere accanto a lei. Ringrazio tutte le donne e gli uomini che in questi giorni hanno dedicato il loro tempo per fare una carezza a questa ragazza così oltraggiata. Si spegneranno i riflettori e ancora una volta ritornerà il silenzio. Vorrei che questo silenzio fosse tanto rumoroso. Veniamo uccise, stuprate da uomini che dell’uomo - quale persona - hanno davvero poco, anche intitolarli animali è sbagliato. Gli animali sono assai meglio e non si comportano così. La continuità delle malvagità spaventa, indigna, sorprende e non lascia scampo a un giudizio implacabile. Spero tanto che siano implacabili anche i giudici chiamati nel loro triste compito.
Abbi Cura Di Te
Luisanda Dell’Aria
Roma 22 agosto 2023