È così che il tempo passa, vivendolo un attimo dopo l’altro. Ho creduto, creduto profondamente nella mia vita senza futuro. Ho creduto, senza futuro, di inventarlo nell’oggi che vivevo tutti i giorni. Ho imparato tanto da questa avventura e ancora molto ho da imparare. Quanto sono cambiata in questi anni? Non lo so. Ho iniziato a camminare con la convinzione che il mio “breve” futuro lo dovevo e volevo vivere. Più respiravo, nelle continue recidive, nei giri in sala operatoria, più avevo e ho voglia di respirare. Sto in bilico, sì in bilico sull’orizzonte del mondo e mi sembra di vedere l’immensità nel mio piccolo recinto. A volte trovo rifugio nel silenzio trasportata dalla mia penna. Chi ha il privilegio di possedere una penna deve scrivere, raccontare: sentimenti, emozioni, paure, lacerazioni dell’anima.
Ho un malessere di sottofondo che mi corteggia e con la penna provo e riesco ad affrontarlo. Sono i fili di sangue e violenze che hanno imbrattato questa estate calda e luminosa e continuano, incessanti, verso l’autunno, a disegnare sentieri di dolore e sofferenza. Donne, ragazze, bambine… uccise, abusate, violate. Mi fa star male! E non si placa queste sete di potere. Siamo una società malata. Chi è sano deve fare i conti con questa realtà così orrenda e provare a porre un rimedio. Le leggi non bastano se non usciamo dall’indifferenza. Abbandoniamo la solitudine del nostro egoismo. Non c’è nulla, dietro l’angolo, di così spaventoso, che non si possa affrontare. Proviamo a guarire la nostra mente, la nostra società dalla singolarità e ricostruiamo il plurale. È il plurale che vale la pena di essere vissuto, respirato, amato.
In questa società piena, come mai prima, di strumenti di comunicazione siamo più soli che mai. Che senso ha? Usiamo questi strumenti per leggere dietro le righe, dietro le foto, dietro l’apparenza che appanna come la nebbia e sgrana, sfoca e confonde senza restituire mai la realtà.
Avete mai camminato nella nebbia? Bisogna procedere adagio, cercare la profondità nascosta. Vedere nella fioca luce quel che non si vede. Ecco, così dovremmo leggere i social… adagio. Siamo nella nebbia. Dobbiamo procedere adagio se vogliamo capire la nostra società, se vogliamo fare un cambio di passo.
Il mio cancro è lì, sempre pronto con il bavagliolo, per fare un bel pranzetto. Bene, dovrà aspettare, ho ancora tanto da scrivere…
Abbi Cura Di te
Luisanda Dell’Aria
Roma 7 settembre 2023
Ho un malessere di sottofondo che mi corteggia e con la penna provo e riesco ad affrontarlo. Sono i fili di sangue e violenze che hanno imbrattato questa estate calda e luminosa e continuano, incessanti, verso l’autunno, a disegnare sentieri di dolore e sofferenza. Donne, ragazze, bambine… uccise, abusate, violate. Mi fa star male! E non si placa queste sete di potere. Siamo una società malata. Chi è sano deve fare i conti con questa realtà così orrenda e provare a porre un rimedio. Le leggi non bastano se non usciamo dall’indifferenza. Abbandoniamo la solitudine del nostro egoismo. Non c’è nulla, dietro l’angolo, di così spaventoso, che non si possa affrontare. Proviamo a guarire la nostra mente, la nostra società dalla singolarità e ricostruiamo il plurale. È il plurale che vale la pena di essere vissuto, respirato, amato.
In questa società piena, come mai prima, di strumenti di comunicazione siamo più soli che mai. Che senso ha? Usiamo questi strumenti per leggere dietro le righe, dietro le foto, dietro l’apparenza che appanna come la nebbia e sgrana, sfoca e confonde senza restituire mai la realtà.
Avete mai camminato nella nebbia? Bisogna procedere adagio, cercare la profondità nascosta. Vedere nella fioca luce quel che non si vede. Ecco, così dovremmo leggere i social… adagio. Siamo nella nebbia. Dobbiamo procedere adagio se vogliamo capire la nostra società, se vogliamo fare un cambio di passo.
Il mio cancro è lì, sempre pronto con il bavagliolo, per fare un bel pranzetto. Bene, dovrà aspettare, ho ancora tanto da scrivere…
Abbi Cura Di te
Luisanda Dell’Aria
Roma 7 settembre 2023