A un certo punto li ritrovi in cucina, convinti conoscitori dei segreti dei fornelli, intenti a misurarsi con intingoli di vario genere… eh sì, sono proprio loro, i maschietti moderni che nel rincorrere significati di parità incomprensibili si improvvisano Chef. Certi di dimostrare, dire e fare… Cosa?
Mai che si improvvisassero stiratori di camice, lavapiatti raffinati, esperti aspiratori di pavimenti e tappeti… La verità è che non sanno nemmeno dove sta l’aspirapolvere e sono fermamente persuasi che la casa sia come il forno a micro onde: autopulente.
Sono partita da molto lontano, una lunga camminata attraverso tante riflessioni. Un po' ferma a guardare quel passato che mi ha portata qui, un po' viandante alla ricerca delle mie verità nascoste che mi hanno indotta a girare ora di qui ora di lì. Ragionando sul mio matrimonio, più o meno quarant’anni fa, una vita fa sarebbe più esatto dire. Dal suo naufragio qualche anno dopo e fino a oggi. Non mi sarebbe affatto dispiaciuta l’idea di crescere e invecchiare con qualcuno ma la libertà interiore che mi ha sempre abitata si è messa di mezzo dando vita a operette che disturbavano troppo il mio essere donna e altrettanto disturbo lo provocavano all’uomo. Spesso, troppo spesso mi sono sentita sola tra le mie amiche, brave mogliettine, compagne, fidanzate bramose di ricoprire quel ruolo sociale stracarico di doveri e compiti, di rinunce e scelte. Spesso, troppo spesso mi sono sentita diversa a camminare su strade piene di pantaloni e poche, pochissime gonne. Destinataria di domante impertinenti, di occhiate di diniego e biasimo a voler smorzare l’entusiasmo che mi scorreva dentro nel raggiungere ruoli e obiettivi infastidenti per i maschietti da una parte e per le femminucce dall’altra.
Si, non credete, anche le femminucce, incapaci di camminare libere, sono le prime a sfoderare sorrisetti di circostanza. Non mi sono fermata, ho scelto di proseguire la mia strada. Ho scelto di non farmi dire cosa dovevo fare, come lo dovevo fare, quando lo dovevo fare. Ho scelto di essere io a scegliere come condurre la mia vita, con le difficoltà, i limiti, i no indispensabili e obbligati di scelte inconsuete. E così quel ruolo sociale stracarico di doveri e compiti mi andava sempre stretto ma così stretto da lacerarsi in poco tempo lasciando in me un senso di leggerezza ma anche di inadeguatezza. Navighi di traverso, non segui il flusso della massa. Navighi in solitaria. Devi essere capace di vivere le conseguenze. Non riuscivo e non riesco ad accettare che l’intraprendere una relazione dovesse comportare, farsi carico dell’altro in tutto e per tutto. Ci si può e ci si deve occupare dei figli ma perché di un uomo? Perché con l’uomo “vinco” le sue camice, le sue mutande, i suoi calzettoni, i suoi abiti, le sue necessità che si aggiungono alle necessità che comporta una casa e il vivere stesso. Solo, però, sulle spalle delle donne. Abbiamo iniziato a lavorare per avere la nostra indipendenza e abbiamo dovuto dire grazie per la gentil concessione… ancora oggi. Ma dovevamo e dobbiamo garantire tutto il resto. Dove sta scritto? Chi ha deciso queste regole? E noi sempre chiamate alla scelta: la famiglia o il lavoro; la carriera o i figli. Insieme sono faticosissimi, strabordanti di responsabilità. Non sono le responsabilità che mi infastidiscono, le prendo tutte. Sono le pretese. Le pretese di chi sta accanto. Le condivisioni di comodo che li fanno sentire adeguati. Le comprensioni che li fanno sentire “sul pezzo”. Non abbiamo bisogno di comprensione. Abbiamo diritto di non essere scambiate per domestiche. Abbiamo diritto di essere riconosciute come persone. Abbiamo diritto di vivere la nostra vita nella libertà delle scelte e delle opportunità. Abbiamo ancora stipendi diversi, abbiamo ancora opportunità diverse. Ed ecco il rumore di fondo dei maschietti che stanno leggendo, e sorrido, è inevitabile. Mi sembra di sentire le loro voci. “So fare tutto in casa, quando vivevo solo facevo tutto solo; quando mia moglie e fuori per lavoro ci penso io…” Appunto… quando vivevi solo, quando tua moglie è fuori. L’abitudine, la consuetudine, la cultura, l’educazione non sono ancora naufraghe. Resistono con le unghie e con i denti alle onde d’urto che fortunatamente sono sempre più forti, più determinate, più concrete e meno affascinate dal ruolo sociale. Essere sole disturba, non sanno come inquadrarti. Crei il problema. Sei una “mina vagante”. Se poi hai anche i figli… non ne parliamo!
Noi non ci sposiamo soltanto con un uomo, non andiamo a vivere soltanto con un uomo. Lui arriva con la sua poltrona e sta comodo lì in attesa della cena, della camicia stirata, con la sua bella valigetta o la cassetta degli attrezzi con la quale esce la mattina. Torna stanco, stremato e si rimette sulla poltrona. Noi abbiamo la stessa valigetta o la stessa cassetta degli attrezzi ma non abbiamo la poltrona. Torniamo a casa stanche, stremate e iniziamo a preparare la cena, sistemare la casa, mandare il bucato, pulire i culi dei bambini se ci sono… Cosa abbiamo vinto per fare tanto? Va bene per i figli, come dicevo prima, ma l’altro essere vivente adulto perché ha tutti questi vantaggi? Perché non si assume la responsabilità di essere al mondo e di non essere di legno come Pinocchio? Ah… già, dimenticavo, lui pensa alla macchina, al cane, a cambiare le lampadine, alla mondezza… No, la mondezza no, la scavalca la mattina, è troppo presto per riconoscerla! Non sono stata disposta a prendermi questi obblighi che non ho mai riconosciuto come miei. Non sono stata disposta ad affievolire il mio ruolo di donna. Non sono stata disposta a rinunciare ai miei desiderata, ai miei sogni, alle mie ambizioni. È costato un certo prezzo ma l’ho pagato e lo sto pagando, molto volentieri. Non sono stata disposta a contrabbandare la mia libertà di scelta, di pensiero, di respiro per essere per forza in due. Non sono stata disposta… Eccomi!
Abbi Cura Di te
Luisanda Dell’Aria
Roma 3 agosto 2023
Mai che si improvvisassero stiratori di camice, lavapiatti raffinati, esperti aspiratori di pavimenti e tappeti… La verità è che non sanno nemmeno dove sta l’aspirapolvere e sono fermamente persuasi che la casa sia come il forno a micro onde: autopulente.
Sono partita da molto lontano, una lunga camminata attraverso tante riflessioni. Un po' ferma a guardare quel passato che mi ha portata qui, un po' viandante alla ricerca delle mie verità nascoste che mi hanno indotta a girare ora di qui ora di lì. Ragionando sul mio matrimonio, più o meno quarant’anni fa, una vita fa sarebbe più esatto dire. Dal suo naufragio qualche anno dopo e fino a oggi. Non mi sarebbe affatto dispiaciuta l’idea di crescere e invecchiare con qualcuno ma la libertà interiore che mi ha sempre abitata si è messa di mezzo dando vita a operette che disturbavano troppo il mio essere donna e altrettanto disturbo lo provocavano all’uomo. Spesso, troppo spesso mi sono sentita sola tra le mie amiche, brave mogliettine, compagne, fidanzate bramose di ricoprire quel ruolo sociale stracarico di doveri e compiti, di rinunce e scelte. Spesso, troppo spesso mi sono sentita diversa a camminare su strade piene di pantaloni e poche, pochissime gonne. Destinataria di domante impertinenti, di occhiate di diniego e biasimo a voler smorzare l’entusiasmo che mi scorreva dentro nel raggiungere ruoli e obiettivi infastidenti per i maschietti da una parte e per le femminucce dall’altra.
Si, non credete, anche le femminucce, incapaci di camminare libere, sono le prime a sfoderare sorrisetti di circostanza. Non mi sono fermata, ho scelto di proseguire la mia strada. Ho scelto di non farmi dire cosa dovevo fare, come lo dovevo fare, quando lo dovevo fare. Ho scelto di essere io a scegliere come condurre la mia vita, con le difficoltà, i limiti, i no indispensabili e obbligati di scelte inconsuete. E così quel ruolo sociale stracarico di doveri e compiti mi andava sempre stretto ma così stretto da lacerarsi in poco tempo lasciando in me un senso di leggerezza ma anche di inadeguatezza. Navighi di traverso, non segui il flusso della massa. Navighi in solitaria. Devi essere capace di vivere le conseguenze. Non riuscivo e non riesco ad accettare che l’intraprendere una relazione dovesse comportare, farsi carico dell’altro in tutto e per tutto. Ci si può e ci si deve occupare dei figli ma perché di un uomo? Perché con l’uomo “vinco” le sue camice, le sue mutande, i suoi calzettoni, i suoi abiti, le sue necessità che si aggiungono alle necessità che comporta una casa e il vivere stesso. Solo, però, sulle spalle delle donne. Abbiamo iniziato a lavorare per avere la nostra indipendenza e abbiamo dovuto dire grazie per la gentil concessione… ancora oggi. Ma dovevamo e dobbiamo garantire tutto il resto. Dove sta scritto? Chi ha deciso queste regole? E noi sempre chiamate alla scelta: la famiglia o il lavoro; la carriera o i figli. Insieme sono faticosissimi, strabordanti di responsabilità. Non sono le responsabilità che mi infastidiscono, le prendo tutte. Sono le pretese. Le pretese di chi sta accanto. Le condivisioni di comodo che li fanno sentire adeguati. Le comprensioni che li fanno sentire “sul pezzo”. Non abbiamo bisogno di comprensione. Abbiamo diritto di non essere scambiate per domestiche. Abbiamo diritto di essere riconosciute come persone. Abbiamo diritto di vivere la nostra vita nella libertà delle scelte e delle opportunità. Abbiamo ancora stipendi diversi, abbiamo ancora opportunità diverse. Ed ecco il rumore di fondo dei maschietti che stanno leggendo, e sorrido, è inevitabile. Mi sembra di sentire le loro voci. “So fare tutto in casa, quando vivevo solo facevo tutto solo; quando mia moglie e fuori per lavoro ci penso io…” Appunto… quando vivevi solo, quando tua moglie è fuori. L’abitudine, la consuetudine, la cultura, l’educazione non sono ancora naufraghe. Resistono con le unghie e con i denti alle onde d’urto che fortunatamente sono sempre più forti, più determinate, più concrete e meno affascinate dal ruolo sociale. Essere sole disturba, non sanno come inquadrarti. Crei il problema. Sei una “mina vagante”. Se poi hai anche i figli… non ne parliamo!
Noi non ci sposiamo soltanto con un uomo, non andiamo a vivere soltanto con un uomo. Lui arriva con la sua poltrona e sta comodo lì in attesa della cena, della camicia stirata, con la sua bella valigetta o la cassetta degli attrezzi con la quale esce la mattina. Torna stanco, stremato e si rimette sulla poltrona. Noi abbiamo la stessa valigetta o la stessa cassetta degli attrezzi ma non abbiamo la poltrona. Torniamo a casa stanche, stremate e iniziamo a preparare la cena, sistemare la casa, mandare il bucato, pulire i culi dei bambini se ci sono… Cosa abbiamo vinto per fare tanto? Va bene per i figli, come dicevo prima, ma l’altro essere vivente adulto perché ha tutti questi vantaggi? Perché non si assume la responsabilità di essere al mondo e di non essere di legno come Pinocchio? Ah… già, dimenticavo, lui pensa alla macchina, al cane, a cambiare le lampadine, alla mondezza… No, la mondezza no, la scavalca la mattina, è troppo presto per riconoscerla! Non sono stata disposta a prendermi questi obblighi che non ho mai riconosciuto come miei. Non sono stata disposta ad affievolire il mio ruolo di donna. Non sono stata disposta a rinunciare ai miei desiderata, ai miei sogni, alle mie ambizioni. È costato un certo prezzo ma l’ho pagato e lo sto pagando, molto volentieri. Non sono stata disposta a contrabbandare la mia libertà di scelta, di pensiero, di respiro per essere per forza in due. Non sono stata disposta… Eccomi!
Abbi Cura Di te
Luisanda Dell’Aria
Roma 3 agosto 2023