Fuori spartito la musica è un’altra... Restiamo a guardare, consapevoli di una libertà che non sempre è gradita. Di una luce che ad altri sembra buio.
Ci muove un disincanto che porta fuori dagli spartiti ai quali siamo abituati ma lo stupore al quale andiamo incontro resta una gran sorpresa.
Il problema è il giudizio che precipita addosso. Scavalca, supera, calpesta tutto il resto che siamo portandolo nel buio della notte. Troppo distratto da sé stesso, il giudizio, per accogliere il deragliamento. Facendo diventare quel che siamo non più rilevante, non importante, non valutabile. Sopraffatto, scomparso nella parola sbagliata, nella sventatezza, nella distrazione.
Siamo tutti così perfetti?
O “la perfezione” è il continuare a vedere oltre, non dimenticare tutto il resto, convivere con l’impulsività. È umana!
“La perfezione”, a mio parere, non esiste e non dovrebbe esistere nei nostri desiderata. La perfezione rende falsi, impostati, rabbrividisce la spontaneità di chi siamo dentro, nascondendoci in un fuori apparecchiato. Mi domando a cosa serva, quanto accarezzi, quanto consoli.
Preferisco sane e sincere precipitosità che raccontano chi siamo quando siamo arrabbiati, delusi, stanchi, frustrati da problemi a volte più grandi di noi, ma sinceri, onesti, trasparenti, comunque amorevoli. Desiderosi solo di potersi permettere un confronto fuori dai denti. Spontaneo e diretto.
Perché spaventa tanto una parolaccia, una imprecazione, un tono acceso?
Strappa dalla zona confortevole di fiocchi e lustrini e racconta, in modo imbarazzante, chi è l’altro. Il sorpreso. Stupito nel vedere chi sta e come si sta fuori dai recinti. Dagli schemi. Davanti a lui prende forma la libertà di essere. Una libertà che lascia storditi. E forse, al sorpreso, un filo di invidia gli pettina i capelli. Ci vuole coraggio a navigare soli per mare convinti del proprio essere. Ci vuole coraggio per essere sé stessi.
Gli altri spesso ci vogliono dentro un dipinto, senza sorprese, garantiti, senza attriti. Solo confronti controllati.
La messa in scena delle proprie idee trova palcoscenico là dove veste l’abito della comparsa: poche parole, tanti sorrisi. Nulla che sia espressione profonda. Onde superficiali di resistenza. Abbarbicati nel proprio recinto con gli occhietti volti all’esterno, incuriositi dagli altri, ma non troppo da varcare la soglia.
Quando capita, invece, la fortuna di incontrarsi tra persone non ancora sopraffatte dalla stanchezza di sé, il confronto è limpido. È bello. Pur partendo da distanze non colmabili fa crescere, portando altra conoscenza. Stimola la curiosità del sapere.
I caratteri, a volte, fanno inalberare i toni, ma conoscendosi bene non stupisce e non offende.
In altre situazioni, sillabe composte e monocorde lasciano le mie perplessità ondeggiare nel dubbio. Se superi le sillabe composte e monocorde ti ritrovi da solo in mezzo al mare. Resto sempre stupita in questa solitudine che non mi ha mai spaventato. Mi fa sentire bene. Viva. Convinta di chi sono e come sono. Con la forza, la convinzione e la responsabilità di essere me stessa.
Abbi Cura Di Te
Luisanda Dell’Aria
Roma 1 febbraio 2024
Ci muove un disincanto che porta fuori dagli spartiti ai quali siamo abituati ma lo stupore al quale andiamo incontro resta una gran sorpresa.
Il problema è il giudizio che precipita addosso. Scavalca, supera, calpesta tutto il resto che siamo portandolo nel buio della notte. Troppo distratto da sé stesso, il giudizio, per accogliere il deragliamento. Facendo diventare quel che siamo non più rilevante, non importante, non valutabile. Sopraffatto, scomparso nella parola sbagliata, nella sventatezza, nella distrazione.
Siamo tutti così perfetti?
O “la perfezione” è il continuare a vedere oltre, non dimenticare tutto il resto, convivere con l’impulsività. È umana!
“La perfezione”, a mio parere, non esiste e non dovrebbe esistere nei nostri desiderata. La perfezione rende falsi, impostati, rabbrividisce la spontaneità di chi siamo dentro, nascondendoci in un fuori apparecchiato. Mi domando a cosa serva, quanto accarezzi, quanto consoli.
Preferisco sane e sincere precipitosità che raccontano chi siamo quando siamo arrabbiati, delusi, stanchi, frustrati da problemi a volte più grandi di noi, ma sinceri, onesti, trasparenti, comunque amorevoli. Desiderosi solo di potersi permettere un confronto fuori dai denti. Spontaneo e diretto.
Perché spaventa tanto una parolaccia, una imprecazione, un tono acceso?
Strappa dalla zona confortevole di fiocchi e lustrini e racconta, in modo imbarazzante, chi è l’altro. Il sorpreso. Stupito nel vedere chi sta e come si sta fuori dai recinti. Dagli schemi. Davanti a lui prende forma la libertà di essere. Una libertà che lascia storditi. E forse, al sorpreso, un filo di invidia gli pettina i capelli. Ci vuole coraggio a navigare soli per mare convinti del proprio essere. Ci vuole coraggio per essere sé stessi.
Gli altri spesso ci vogliono dentro un dipinto, senza sorprese, garantiti, senza attriti. Solo confronti controllati.
La messa in scena delle proprie idee trova palcoscenico là dove veste l’abito della comparsa: poche parole, tanti sorrisi. Nulla che sia espressione profonda. Onde superficiali di resistenza. Abbarbicati nel proprio recinto con gli occhietti volti all’esterno, incuriositi dagli altri, ma non troppo da varcare la soglia.
Quando capita, invece, la fortuna di incontrarsi tra persone non ancora sopraffatte dalla stanchezza di sé, il confronto è limpido. È bello. Pur partendo da distanze non colmabili fa crescere, portando altra conoscenza. Stimola la curiosità del sapere.
I caratteri, a volte, fanno inalberare i toni, ma conoscendosi bene non stupisce e non offende.
In altre situazioni, sillabe composte e monocorde lasciano le mie perplessità ondeggiare nel dubbio. Se superi le sillabe composte e monocorde ti ritrovi da solo in mezzo al mare. Resto sempre stupita in questa solitudine che non mi ha mai spaventato. Mi fa sentire bene. Viva. Convinta di chi sono e come sono. Con la forza, la convinzione e la responsabilità di essere me stessa.
Abbi Cura Di Te
Luisanda Dell’Aria
Roma 1 febbraio 2024