Facciamo finta che ho un marito, un uomo accanto. Facciamo finta che ho 34 anni e sono bellissima, anzi, ero bellissima. Ora il cancro ha voluto, per forza, disegnare i suoi contorni sul mio volto, sul mio corpo.
Facciamo finta che ho due bambini piccoli.
Facciamo finta che mio marito si è vestito subito da super eroe – io ti salverò, ma poi si è messo a giocare a poker strip con il mio cancro e ogni volta che perdevo lui si toglieva una parte del suo vestito da super eroe. E quando vincevo… l’agio lo cercava in un vestito!
Facciamo finta che il mio cancro si è velocemente trasformato e sono diventata metastatica, ma no una metastatica “semplice”, un triplo negativo metastatico di quelli da corsa.
E voilà… l’ultimo pezzetto di travestimento da super eroe è volato via, anche senza musichetta. Dismesso, accantonato, dimenticato. E un silenzio torrido come il caldo del deserto, un silenzio arido come la terra che brucia è diventata espressione sul suo viso.
Facciamo finta che la mia penna è una mongolfiera, dove vogliono salire in tante. Le mie parole accarezzano, portano conforto, creano piccole oasi dove fili di ragnatele disegnano realtà faticose. E allora siete diventate tante a seguirmi. Scrollate in cerca di un mio scritto per aprire trame di pensieri spenti dalla paura.
Sei sempre stanca, sei sempre su un letto e mi dici che è la malattia. Ma la forza di scrivere la trovi. La forza di scendere a patti con il Diavolo e restare ancora su questa terra tentando una chemio, e poi un’altra e un’altra ancora. La Radio e poi ancora chemio e morfina e antidolorifici… la forza la trovi, mica ti arrendi tu.
Non ce la faccio a stare nell’angolo. Voglio per me la donna che ho sposato. Un uomo ha anche le sue esigenze… e poi la lavastoviglie da svuotare, la spesa, i bambini. I bambini domandano, chiedono e io non so che dire. Quell’altra mi dà respiro, mi riconosce come uomo, mi restituisce importanza. Tu, la tua penna e il tuo cancro mi avete ucciso. Andate e venite come una setta di incappucciati, tutto il giorno alle mie spalle. Tutti ti amano. E a me… chi mi ama?
Non ti penso. Non ti curo. Non ti guardo. Non mi accorgo se stai male. Questo coro di bugie non le voglio sentire. Se è vero che stai morendo perché ridi? Se è vero che stai morendo perché piangi quando ti tratto male? Se è vero che stai morendo perché fai carezze agli sconosciuti e non pensi per te? Se è vero che stai morendo perché fai finta che non è vero?”
Nella buona e nella cattiva sorte. Avevamo giurato. Non era un tribunale, era una chiesa. Non ci hanno portato le guardie. Siamo andati abbracciati. Non mi hai chiesto di fare la principessa delle fiabe, volevi solo amarmi. Volevo solo amarti. Ho capito male? Sorridevi tanto, avevi un bel vestito. Non era da orco. Dove sei. Non ti vedo, non ti sento, non ti riconosco. Io sono qua, davanti ai tuoi occhi fessurosi e stanchi, sempre la stessa, meno bella, con il cancro ma sempre la stessa. I miei giovani 34 anni sembrano non essere più qui. Eppure io sono. Si, scrivo, scrivo tanto. Mi dà gioia, mi dà vita, mi dà respiro. Come puoi non capirlo. Come puoi non abbracciarmi. Come puoi girarti dall’altra parte. Come puoi non renderti conto che la vita sta scivolando e tendermi la mano.
Facciamo finta che ho paura. Nuotare nella tempesta non è poi così facile. Il vento rende l’onda tagliente per proteggersi dai pensieri che si rincorrono. E pensare a dopo è una costante nelle ore che si consumano. Facciamo finta che tu non capirai fino all’ultimo mio respiro. Solo allora ti sveglierai dalla veglia dell’incantesimo. Guarderai il tuo vestito da super eroe chiuso nella scatola, tutto strappato. Camminerai nell’arido deserto dove il tuo cuore ti ha portato e non capirai cosa ti è successo. Loro, i bambini, cercheranno di spiegarti dove sono andata e cosa ho fatto nel tempo del tuo sonno. Chi ho abbracciato, quanti sorrisi spenti ho destato, quante carezze dimenticate ho regalato. Le mie mille parole ti danzeranno intorno. Sentirai la musica della vita che non hai voluto sentire, le emozioni sopite, i sentimenti persi tra le nuvole. Tutto sarà scuro e chiaro a un tempo. Solo i bambini sapranno respirare. Tu annasperai. L’altra si disperderà nello stesso incantesimo ormai rotto. Vesti strappate resteranno. Parole spezzate, senza significato, ti raggiungeranno. Sottosopra e urlante il centro della terra la risucchierà. Ogni notte arriverà incerta e tumultuosa. Solo l’alba placherà il tuo sonno e la mano dei bambini a consolarti. Allora capirai. Allora li prenderai per mano e li porterai lì dove non hai avuto il coraggio di vivere, tra le mie parole, i miei abbracci, le mie carezze. E la vita ricomincerà lentamente…
Abbi Cura Di Te
Luisanda Dell’Aria
Roma 6 dicembre 2023
Facciamo finta che ho due bambini piccoli.
Facciamo finta che mio marito si è vestito subito da super eroe – io ti salverò, ma poi si è messo a giocare a poker strip con il mio cancro e ogni volta che perdevo lui si toglieva una parte del suo vestito da super eroe. E quando vincevo… l’agio lo cercava in un vestito!
Facciamo finta che il mio cancro si è velocemente trasformato e sono diventata metastatica, ma no una metastatica “semplice”, un triplo negativo metastatico di quelli da corsa.
E voilà… l’ultimo pezzetto di travestimento da super eroe è volato via, anche senza musichetta. Dismesso, accantonato, dimenticato. E un silenzio torrido come il caldo del deserto, un silenzio arido come la terra che brucia è diventata espressione sul suo viso.
Facciamo finta che la mia penna è una mongolfiera, dove vogliono salire in tante. Le mie parole accarezzano, portano conforto, creano piccole oasi dove fili di ragnatele disegnano realtà faticose. E allora siete diventate tante a seguirmi. Scrollate in cerca di un mio scritto per aprire trame di pensieri spenti dalla paura.
- “E non ti bastava essere mia moglie, e non ti bastava esserti presa il cancro, e non ti bastava essere scrittrice. Dovevi per forza ammantarti di una veste di raso sbrilluccicante. Che ti vedessero tutti.
Sei sempre stanca, sei sempre su un letto e mi dici che è la malattia. Ma la forza di scrivere la trovi. La forza di scendere a patti con il Diavolo e restare ancora su questa terra tentando una chemio, e poi un’altra e un’altra ancora. La Radio e poi ancora chemio e morfina e antidolorifici… la forza la trovi, mica ti arrendi tu.
Non ce la faccio a stare nell’angolo. Voglio per me la donna che ho sposato. Un uomo ha anche le sue esigenze… e poi la lavastoviglie da svuotare, la spesa, i bambini. I bambini domandano, chiedono e io non so che dire. Quell’altra mi dà respiro, mi riconosce come uomo, mi restituisce importanza. Tu, la tua penna e il tuo cancro mi avete ucciso. Andate e venite come una setta di incappucciati, tutto il giorno alle mie spalle. Tutti ti amano. E a me… chi mi ama?
Non ti penso. Non ti curo. Non ti guardo. Non mi accorgo se stai male. Questo coro di bugie non le voglio sentire. Se è vero che stai morendo perché ridi? Se è vero che stai morendo perché piangi quando ti tratto male? Se è vero che stai morendo perché fai carezze agli sconosciuti e non pensi per te? Se è vero che stai morendo perché fai finta che non è vero?”
Nella buona e nella cattiva sorte. Avevamo giurato. Non era un tribunale, era una chiesa. Non ci hanno portato le guardie. Siamo andati abbracciati. Non mi hai chiesto di fare la principessa delle fiabe, volevi solo amarmi. Volevo solo amarti. Ho capito male? Sorridevi tanto, avevi un bel vestito. Non era da orco. Dove sei. Non ti vedo, non ti sento, non ti riconosco. Io sono qua, davanti ai tuoi occhi fessurosi e stanchi, sempre la stessa, meno bella, con il cancro ma sempre la stessa. I miei giovani 34 anni sembrano non essere più qui. Eppure io sono. Si, scrivo, scrivo tanto. Mi dà gioia, mi dà vita, mi dà respiro. Come puoi non capirlo. Come puoi non abbracciarmi. Come puoi girarti dall’altra parte. Come puoi non renderti conto che la vita sta scivolando e tendermi la mano.
Facciamo finta che ho paura. Nuotare nella tempesta non è poi così facile. Il vento rende l’onda tagliente per proteggersi dai pensieri che si rincorrono. E pensare a dopo è una costante nelle ore che si consumano. Facciamo finta che tu non capirai fino all’ultimo mio respiro. Solo allora ti sveglierai dalla veglia dell’incantesimo. Guarderai il tuo vestito da super eroe chiuso nella scatola, tutto strappato. Camminerai nell’arido deserto dove il tuo cuore ti ha portato e non capirai cosa ti è successo. Loro, i bambini, cercheranno di spiegarti dove sono andata e cosa ho fatto nel tempo del tuo sonno. Chi ho abbracciato, quanti sorrisi spenti ho destato, quante carezze dimenticate ho regalato. Le mie mille parole ti danzeranno intorno. Sentirai la musica della vita che non hai voluto sentire, le emozioni sopite, i sentimenti persi tra le nuvole. Tutto sarà scuro e chiaro a un tempo. Solo i bambini sapranno respirare. Tu annasperai. L’altra si disperderà nello stesso incantesimo ormai rotto. Vesti strappate resteranno. Parole spezzate, senza significato, ti raggiungeranno. Sottosopra e urlante il centro della terra la risucchierà. Ogni notte arriverà incerta e tumultuosa. Solo l’alba placherà il tuo sonno e la mano dei bambini a consolarti. Allora capirai. Allora li prenderai per mano e li porterai lì dove non hai avuto il coraggio di vivere, tra le mie parole, i miei abbracci, le mie carezze. E la vita ricomincerà lentamente…
Abbi Cura Di Te
Luisanda Dell’Aria
Roma 6 dicembre 2023