- Cammini tra le macerie di un sogno. Non ti sei accorta che il sole si stava spegnendo, hai creduto a una nuvola passeggera e lei lentamente si è seduta comoda fino a diventare ombra scura. Ripiegata su te stessa urli lacrime di dolore, indecifrabile ai suoi occhi. Non può comprendere. Giornate dure come la pietra si affacciano al mattino ma ti trovano pronta a camminare, a sbucciarti le ginocchia ma a camminare. Anche la pietra più dura è fragile nel suo punto debole, è lì che devi spiare per far entrare il raggio di sole nascosto e far uscire le tue emozioni. Non c’è tempesta che tu non abbia imparato ad affrontare, non sarà una lama nel cuore a fermarti. La toglierai, con lentezza, con attenzione, dritta dritta così come è entrata, allora la ferita si rimarginerà, lentamente, un giorno per volta. Non scomparirà, mai, a ricordarti quello che è stato. Sul quale potrai costruire il domani, il futuro. Non sai quanto si costruisce bene sul dolore, hai a disposizione i migliori materiali, il miglior tempo, la migliore te stessa. –
La vecchina parlava alla giovane ragazza, le sue lacrime si mescolavano con le acque del fiume dove lavava i panni.
- Solo la strada impervia ti fa veramente godere della pianura. E quando la notte vuole essere tanto rumorosa da togliere il respiro tu non darle retta. Ci vorrà tempo a ricostruire il giardino distrutto dalla tempesta, servirà la calma e la pazienza di chi sa scandire le giornate in attimi di serenità e farli diventare spessi. Hanno bisogno di prendere aria, di rotolarsi nell’erba lontano dalle macerie. Loro, gli attimi, sono capaci di sorprenderti se sai guardarti intorno. Trova il posto a ogni ricordo che ha bisogno di essere accantonato. Messo da parte. E costruisci nell’oggi ricordi freschi come il latte appena munto. –
La giovane ragazza non l’aveva sentita arrivare, le sue mani intrecciavano con meticolosità fili di paglia, e fili d’argento le contornavano il viso. Non le aveva fatto domande, la sua voce era una melodia. Con le mani affondate nei panni è lei a farle una domanda. Chi sei?
- Sono la corda alla quale aggrapparti, dai, forza, prendimi. Sono il sorriso che vuole uscire dopo le lacrime, troppe lacrime. Sono gli occhi che vogliono vedere l’oggi e accettare il trascorso. Fa parte di noi ma non può occupare l’oggi, il domani. È trascorso. Sono il desiderio di volare ancora. Sono il piacere di stringere una mano e sentire il calore che trasmette. Sono gli occhi furbi di un coniglio che sta costruendo la sua tana sperando di non essere scoperto. Sono le mani sporche di farina. Sono l’odore dei biscotti in giro per la casa. Sono lo stupore di fronte alla vita tutte le mattine. Sono te che stai imparando a vivere il giorno dopo.
Luisanda Dell’Aria
Roma 15 maggio 2024